Aldrovandi, “Via la divisa, non lasceremo correre”
Le 'vittime di Stato' e 3mila manifestanti hanno chiesto la destituzione dei 4 agenti che hanno ucciso Federico
Un lungo, pacifico serpentone di circa tremila persone (cinquemila per gli organizzatori) giunte da ogni parte d’Italia ha percorso le vie di Ferrara per gridare “Via la divisa”. Tanti erano ieri alla manifestazione contro il reintegro in servizio dei 4 poliziotti che hanno procurato la morte di Federico Aldrovandi e in testa a tutti, a reggere lo striscione ““#vialadivisa”, le madri, i padri e i familiari delle “vittime di Stato”. Da Patrizia Moretti e Lino Aldrovandi, genitori di Federico, a Ilaria Cucchi, Lucia Uva e Domenica Ferulli.
Si sono radunati dapprima presso l’ippodromo, il luogo dove Federico è stato ucciso, divenuto simbolo della battaglia di civiltà che proprio da Ferrara ha preso le mosse abbracciando i parenti di tutte le vittime di Stato. Sono arrivati in centinaia prima di muoversi in corteo lungo via Bologna per raggiungere il centro cittadino, aggiungendo cori, striscioni, slogan. Tutti con lo stesso comune denominatore: chiedere a gran voce che ai quattro poliziotti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi venga tolta per sempre la divisa. Voce divenuta un grido dopo che il Viminale ha reso note le motivazioni delle sanzioni disciplinari per i quattro agenti, con le quali, in estrema sintesi, si afferma che le negligenze compiute quella notte in via Ippodromo e successivamente il comportamento tenuto prima, durante e dopo il processo non costituiscono un disonore alla divisa.
Le prime parole in via Ippodromo sono di Lucia Uva, e sono nette, perentorie: “Sono stati condannati e le divise vanno tolte, e questo lo chiedono anche tante altre vittime dello Stato”. Ilaria Cucchi sottolinea poi il segnale forte che sta dando Ferrara dopo l'”assurda e terribile morte di Federico”, aggiungendo che “senza il coraggio della madre i nostri processi non ci sarebbero mai stati”. E’ Patrizia Moretti, poi, a rivelare lo stupore che l’ha attraversata nell’apprendere dei reintegro dei poliziotti responsabili della morte di suo figlio: “A me non basta che non siano sulla strada, sulle volanti, perché il reintegro significa che quello che hanno fatto è tutto sommato consentito”. Il reintegro, per Patrizia Moretti, “è un segnale pericoloso e avvilente, significa che il comportamento di chi ha ucciso Federico è ammesso, che se ammazzi la gente poi torni in servizio; io questo non l’accetto”.
Il nutrito corteo di manifestanti ha raggiunto così il centro cittadino fino a raggiungere la prefettura. A prendere per primo il microfono è di Lino Aldrovandi: “Il sangue e la vita di un figlio non hanno prezzo. Non credo sia una richiesta così incredibile volere che chi commette atti così aberranti non possa più indossare una divisa”. Le parole di Lino Aldrovandi, con quel plurale, danno voce a “Federico, Stefano, Giuseppe (Aldrovandi, Cucchi e Uva, ndr) e tutti i nostri cari che sono stati uccisi. Noi purtroppo possiamo solo sopravvivere. I nostri figli, fratelli, padri, tutte persone innocenti e inermi, erano nelle mani dello Stato e sono stati uccisi. Non vogliamo patiboli, gogne di piazza, ma pretendiamo giustizia e verità perché vorrebbe dire restituire dignità e speranza allo stesso Stato”.
Forte e deteminato anche l’intervento di Patrizia Moretti, che davanti alla sede della prefettura ha consegnato una lettera al prefetto Tortora, nella quale si chiede “di portare la nostra richiesta a Roma, Una richiesta di giustizia per tutte le vittime delle forze dell’ordine”. Anche le parole della Moretti, anche se vibranti per l’emozione, sono ferme e determinate: “L’ho detto chiaramente che noi, le vittime dello Stato, e io come mamma lo grico forte, non staremo zitte, non lasceremo correre, non ci stancheremo di chiedere giustizia finché non l’avremo ottenuta”.
Il corteo #aldrovandi # vialadivisa