Argenta
31 Gennaio 2014
La requisitoria si chiude con pene fino a 2 anni per gli imputati

Centrale di Bando, il pm chiede la condanna

di Marco Zavagli | 2 min

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adminBando. Pene fino a due anni per i quattro imputati nel processo alla centrale a biomasse di Bando di Argenta. E’ quanto ha chiesto ieri al termine della sua requisitoria il pm Stefano Antinori, che al giudice Matellini ha proposto di condannare Lanfranco Graziani (vicecapo della centrale termoelettrica San Marco Bioenergie) a due anni, Massimo Costa (fuel manager) e Giovanni Aliboni (presidente del cda della centrale) a un anno e tre mesi, Giacomo Gallusi (legale rappresentante della Enervision, azienda di Dosolo -provincia di Mantova – fornitrice di biomasse) a un anno e due mesi.

Nel processo sono costituiti parti civili anche Legambiente, il Comune di Argenta, la Provincia di Ferrara e la Regione Emilia-Romagna e il Ministero dell’Ambiente.

Ricordiamo infatti che Martino Pasti, procuratore speciale, è già stato condannato in patteggiamento a due anni con la condizionale, e altri due ex dirigenti, Marcello Figueira e Anthony De Furia, rispettivamente presidente e amministratore delegato della San Marco Bioenergie, sono stati sanzionati con una pena pecuniaria per i mancati controlli delle emissioni della centrale.

Hanno affrontato invece il dibattimento i responsabili della centrale di Bando di Argenta che fino al 2006 hanno lavorato per la San Marco e del responsabile di una delle ditte fornitrici da cui partivano i rifiuti contestati. Secondo l’accusa quella centrale che doveva bruciare esclusivamente legna vergine e scarti di produzione alimentari e agricoli, ha invece incenerito anche altri rifiuti non consentiti. Uno smaltimento abusivo di un notevole quantitativo di rifiuti contaminati da metalli pesanti quali cromo, rame, piombo, titanio e vanadio, oltre a materiale costituito da pezzi di plastica, pezzi di ferro, sabbia, terra, legno trattato, indicato come “non idoneo”. Il tutto – come riporta l’avviso di conclusione indagini – “al fine di conseguire un ingiusto profitto”. Che per la ditta fornitrice di Mantova consisteva nell’evitare i pesanti costi di smaltimento e nel ricevere il pagamento per i conferimenti dei rifiuti che, “miscelati con biomassa legnosa vergine costituita da cippato, ramaglia, tronchi e tronchetti, venivano venduti e consegnati alla San Marco come biomassa combustibile. La San Marco, da parte sua, ne ricavava un risparmio sull’acquisto del materiale combustibile costituito da biomassa legnosa miscelata con tali rifiuti non autorizzati”.

Il 27 febbraio parleranno parti civili e difese.

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