Politica
10 Dicembre 2013

Bossi-Fini, Merli: “Siamo un paese ipocrita”

di Marco Zavagli | 3 min

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admin-ajax.phpParlare di Bossi-Fini in un consiglio comunale di una piccola città è perdere tempo? Non lo è quando collegate alla legislazione sull’immigrazione ci sono tragedie come quella avvenuta a pochi chilometri dalle coste di Lampedusa lo scorso 3 ottobre. È partendo da una riflessione attorno al naufragio che ha provocato 366 morti e 20 dispersi (la più grave catastrofe avvenuta nel Mediterraneo dall’inizio di questo secolo) che l’assise municipale di Ferrara ha approvato l’ordine del giorno sull'”Abolizione del reato di immigrazione” presentato dai consiglieri Daniele Civolani (Sinistra Aperta), Giorgio Scalabrino Sasso (Misto), Simone Merli (Pd) ed Enzo Durante (Psi/Pri).

Il documento, passato con 28 voti a favore (Pd, Sa, Psi/Pri, LeF, Ppf e 6 voti contrari contrari: Lega nord, Io amo Ferrara, Fli), conteneva un appello al governo e al parlamento per l’immediata abolizione del reato di immigrazione clandestina introdotto dalla legge 94/2009, la modifica urgente del T.U. sull’Immigrazione con la revisione dei meccanismi di ingresso e l’abolizione delle norme previste dalla legge 189/2002 (Bossi-Fini).

In sede di discussione non sono mancate critiche all’iniziativa della maggioranza. La più feroce è stata quella di Giovanni Cavicchi che ha parlato addirittura di rischio di “farsi portabandiera di un tradimento dello Stato italiano”. Questo perché, secondo il capogruppo del Carroccio, “quelli venuti, diciamo, migranti, extracomunitari comunque, in Italia lo fanno perché consapevoli del fatto che qui ottieni il permesso di soggiorno o sei omosessuale (sic) o sei in pericolo di vita. Non è un esempio da seguire”. Quanto al fatto che “siano naufragati non è da imputare alla Bossi-Fini. Come non è colpa della Bossi-Fini se le forze dell’ordine arrestano un extracomunitario e i giudici il giorno dopo lo rimettono fuori. È inutile parlarne in un consiglio comunale. È solo perdere tempo”.

A parte il fatto che a Cavicchi sfugge, in generale, il concetto che i giudici sono quelli che applicano le leggi scritte dai politici, nel particolare gli sfugge anche, secondo Massimo Maisto, il fatto che “parlare di tragedie e cambiamenti epocali come le grandi migrazioni non è perdere tempo”. Il vicesindaco riprende poi le parole dette da Tagliani all’indomani della tragedia del 3 ottobre, mentre inaugurava il Festival di Internazionale: “dopo stragi come questa siamo tutti bravi a commemorare, un po’ meno a trovare le responsabilità”.

Tocca poi a Simone Merli rilevare come “anche dalle parole che si usano si percepisce la sensibilità di una persona. Stiamo parlando di persone che muoiono ogni giorno, parliamo di circa 25mila corpi sepolti nel Mediterraneo e non ci sarà alcuna legge che frenerà le immigrazioni dai paesi dove si muore per fame o per guerra”.

Il capogruppo Pd ritiene che il problema sia “politico e coinvolge l’intera Europa. Ma in questo quadro c’è una normativa in Italia che va cambiata. Pensiamo ai profughi che abbiamo ospitato durante l’emergenza Libia: una volta in Italia per legge non potevano lavorare per sei mesi”. Merli si sforza di mettere da parte “le emozioni che tragedie come queste possono suscitare” e si immagina di essere “un ragioniere”: “farti i dovuti calcoli non posso che concludere che questa legge non funziona”.

Il consigliere critica quindi la società di questo “paese ipocrita”, dove “ce ne sbattiamo e ci ricordiamo di queste realtà solo quando i telegiornali ci sbattono in faccia la tragedia. Qui possiamo anche non parlarne, ma ricordiamoci che quelle persone sono vite. E che non ci sono più. Nessuna forza politica, a partire da quella cui appartengo, ha affrontato seriamente il problema”. Anche perché spesso è questione di numeri. “Quando ne muoiono cento ce ne occupiamo, ci rammarichiamo, ci costerniamo; quando ne muoiono pochi il tutto ci passa inosservato. Come i sette morti a Prato, già dimenticati perché in fondo sono solo sette cinesi morti. È una delle tante indecenze di questa Europa e di questa Italia”.

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