Evade dal carcere per effettuare una rapina e scappa a Ravenna, dove cambia identità e viene nuovamente arrestato dopo aver effettuato lo stesso crimine. La condanna però arriva solo 8 anni dopo, dopo che la squadra mobile di Ferrara riesce a raccogliere abbastanza elementi per ricondurre i reati allo stesso responsabile. Il protagonista di questa vicenda si chiama Silvio Modica, di origini catanesi, condannato dal tribunale di Ferrara a 5 anni di reclusione e 1500 euro di multa per il “colpo” in un bar Ferrara il 6 febbraio del 2005.
In quel periodo Modica, all’epoca 28 enne, stava già scontando una pena definitiva nel carcere di Ferrara per una rapina effettuata nel 2002 nella sede del Monte dei Paschi di Siena, quando uscì per qualche giorno grazie a un permesso premio. Sarebbe dovuto rientrare il 6 febbraio, ma il suo posto rimase – almeno per il momento – vacante. L’uomo infatti fece perdere le proprie tracce dandosi alla latitanza, mentre proprio nello stesso giorno un bar ferrarese veniva rapinato da due uomini a volto coperto.
Nei mesi successivi gli investigatori di varie città del nord Italia indagano su una lunga serie di rapine in banca nelle province di Bologna, Rovigo, Trento e Venezia. L’ultima si verifica ancora nel ferrarese, nella filiale Unicredit di Argenta, dove due complici portano via 2mila euro prima di darsi alla fuga a bordo di una Fiat Punto. A incastrare Modica è il lavoro della squadra mobile di Ferrara, che con la collaborazione dei colleghi bolognesi e delle province venete riescono a ricondurre con certezza al latitante i crimini di cui è sospettato. Il giovane catanese dopo essere evaso dal carcere aveva anche cambiato identità, spacciandosi per Umberto Sesti, ma le verifiche degli investigatori fanno crollare l’inganno e lo portano a un’ulteriore denuncia per aver fornito false generalità.
Rimarrà ancora senza un colpevole accertato la rapina nel bar ferrarese effettuata l’8 febbraio 2005, il giorno dell’evasione di Modica. Decisive sono state in questo caso le innovazioni tecnologiche in mano alla polizia, che hanno permesso di verificare la corrispondenza tra le impronte digitali trovate sul luogo del reato e quelle raccolte nei database del ministero dell’interno. Una prova schiacciante contro Modica che però – come già accadde per i crimini precedenti – non poteva essere in aula per ascoltare la sentenza di condanna: la latitanza del “rapinatore seriale” catanese era durata solo fino all’ottobre del 2005, quando fu arrestato per le rapine nel bolognese. E, da allora, le notifiche di condanna per i reati che mano a mano venivano a galla sono state per lui un’appuntamento quasi costante.
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