Il vescovo Luigi Negri torna a rivolgersi ai ferraresi, dopo l’ultimo messaggio con cui, prima di assentarsi dalla diocesi per ferie, raccomandava ai fedeli “in questo periodo di vacanze, in cui tutti (sic) più o meno abbiamo un certo spazio di distensione fisica e psicologica, di non trascurare quella cura di voi che è la condizione per l’incontro della fede e per la sua maturazione”. Purtroppo non tutti – in un periodo di crisi e disoccupazione eccezionale – possono godere del periodo di vacanza auspicato. E allora monsignor Negri si sente “in dovere di aggiungere alcune parole al mio messaggio del 22 luglio scorso” proprio “nei confronti dei moltissimi che a differenza degli anni passati non possono concedersi neppure un giorno di vacanza a motivo della terribile situazione economica e sociale in cui versano i nostri territori”.
“Ho partecipato, per quanto ho potuto – assicura il capo della diocesi di Ferrara -, alle vicende dei lavoratori che sono in cassa integrazione o vicini ad un licenziamento”. Ma fino ad oggi il vescovo non è riuscito “a trovare la strada per un confronto con coloro da cui dipende il destino di centinaia di famiglie. Non cesserò i tentativi per arrivare ad un incontro con tutte le forze che sono implicate nelle vicende economiche e sociali del nostro territorio”.
A “tutti coloro che vivono in stato di precarietà a causa della mancanza di lavoro e alle loro famiglie”, Negri offre “la mia profonda adesione solidale, e ricordo che la nostra diocesi fa tutto quello che può per lenire e ridurre il rigore di questa contingenza negativa”.
Terminato il capitolo ferie, Negri riprende quello sulla “cosiddetta” legge contro l’omofobia, ringraziando “tutti quelli che sono intervenuti, soprattutto quelli che hanno mostrato di capire che il problema per me non era la discriminazione nei confronti di una posizione ideologica o culturale ma la difesa della possibilità che tutte la posizioni presenti nel nostro Paese abbiano gli stessi diritti e ottemperino gli stessi doveri”.
Dalle colonne di Libero il vescovo lanciava il suo strale: “Sulla sana laicità del nostro popolo e della nostra società, incombe un pericolo gravissimo”. Negri continuava credendo che il testo della proposta di legge contenesse “un reato di opinione che evoca i tempi torbidi delle ideologie statali che sembravano superati per sempre”, arrivando a dire che “chi continuerà a fare riferimento alla grande tradizione eterosessuale dell’occidente che ha trovato nel magistero della chiesa cattolica e nella pratica della vita cristiana in questi secoli una grande e significativa testimonianza, rischia di essere inquisito se esprime pubblicamente le proprie convinzioni”.
In realtà il testo in discussione propone semplicemente di estendere l’aggravante prevista per i reati a sfondo razziale o religioso a quelli a sfondo omofobo. Ma tant’è. “Ogni situazione di privilegio – prosegue il vescovo -, per qualsiasi ragione sia introdotta, anche solo quella effettivamente speciosa della difesa, fa si che la realtà sociale venga scompensata a danno di tutte le altre posizioni che devono avere gli stessi diritti. Questa è la sostanza della mia riflessione, come hanno ben capito coloro che l’hanno letta senza pregiudizi”.
Negri dice poi di aver letto degli insulti in alcuni interventi, cosa di cui non si sorprende, “convinto come sono, secondo la grande tradizione ecclesiale, che gli insulti costituiscano anche una verifica della verità della nostra fede: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi…” ha detto il Signore nelle beatitudini”.
“Occorre che ci si rifletta – conclude Negri – ma soprattutto che i rappresentanti del popolo quando ne dovranno discutere in parlamento vivano fino in fondo questa loro funzione rappresentativa, anche se qualche volta si ha il legittimo sospetto che prevalga una logica di fazioni, correnti e quant’altro”.
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