Recensioni
30 Luglio 2013
E' terminata da poco la manifestazione cinematografica inaugurata dal regista ferrarese

Antonioni e il festival di Capalbio

di Redazione | 3 min

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ANTONIONI 10E’ appena terminata la XX ed. di Capalbio Cinema International Short Film Fest, una manifestazione nata quasi in sordina nel 1994. Fu inaugurato da Michelangelo Antonioni nello stesso anno (fu lui allora ad indicare lo splendido spazio di piazza Magenta, cuore del borgo medievale, come luogo deputato ad accogliere l’evento toscano) e da allora il festival promuove il cinema con un occhio particolare rivolto al cortometraggio d’autore italiano ed internazionale.

Fedeli al pensiero-guida, ma soprattutto alla poetica di Michelangelo Antonioni, che continua ad ispirare la missione della manifestazione, anche quest’anno gli organizzatori ne hanno ricordato la straordinaria carriera:

Antonioni è stato molto legato a Capalbio – hanno affermato – è stato il nostro ‘padrino’. Fu proprio lui ad individuare Piazza Magenta come fulcro di Capalbio Cinema, luogo ideale per proiettare i cortometraggi. Inoltre, egli stesso aveva iniziato la sua carriera con corti come ‘Nettezza Urbana’ e la terminò con uno dei suoi ultimi lavori, «Il filo pericoloso delle cose», parte del trittico «Eros» poi condiviso con ‘colleghi’ del calibro di Wong Kar Wai e Steven Soderbergh, girato proprio a Capalbio nella splendida oasi di Burano, una riserva del Wwwf , nella bassa Maremma”.

Mentre giravano proprio Il filo pericoloso delle cose, poi presentato alla 61a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 2004, il novantaduenne regista ferrarese, pur con immani problemi fisici che la malattia di parecchi anni prima gli imponeva, seppe, ancora una volta, ritrovare una vitalità sovrumana, da ‘alieno’ – osò dire qualcuno:

 «E’ così cambiato in questi giorni da non crederci – affermò allora la moglie Enrica Fico – Lavora al film 16 ore al giorno, le altre finge di dormire, ma in realtà pensa al set. Lui voleva tanto fare un film erotico, ispirandosi ad alcuni racconti della sua raccolta “Quel bowling sul Tevere”: tre giorni in cui racconta la fine dell’ amore di una coppia e l’ incontro con una ragazza. Finale aperto. Michelangelo desidera un film a flashes, appunti, non organizzato, seguendo il ‘suo filo del tempo’, lunghissimo».

E riuscì a fare un film addirittura hard, tanto che in Cina lo censurarono – per motivi diversi dai tempi del suo Chung Kuo Cina del 1972, certo.

L’uomo, la donna, l’essere umano, i suoi rapporti interpersonali, i suoi silenzi – non solo di coppia – sempre lo affascinarono, come, seppur molto diversamente, affascinarono e furono il motivo conduttore dei film del regista svedese Ingmar Bergman, un altro grandissimo, mancato come lui, a poche ore di distanza 6 anni fa, come dei suoi.

E Tonino Guerra, in quei giorni capalbiesi, suo co-sceneggiatore e sodale di sempre, al mattino scriveva i dialoghi al telefono, certo e sicuro di portare avanti un lavoro inutile «…perché lui filma solo i silenzi…».

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