Porto Garibaldi. Arriva la condanna anche per il terzo imputato nel processo stralcio per la morte di Rina Guidi, l’anziana di 77 anni uccisa dopo una rapina in casa sua, in via Cacciatori delle Alpi, la notte tra il 12 e il 13 settembre del 2011.
Per quei fatti sono stati già condannati per omicidio volontario a venti anni di reclusione, sentenza confermata in Corte d’Assise d’Appello (vai all’articolo), Stefania Guidi Colombi, ex nuora della vittima, e il compagno Filippo Milazzo.
Il ‘terzo uomo’, Luigi Milazzo, 23 anni, ebbe un ruolo non di primo piano nel fatto di sangue. Secondo l’accisa, sostenuta dalla pm Barbara Cavallo che per lui ha chiesto 18 anni e 8 mesi di reclusione, il 23enne aiutò il padre e la compagna quella notte. In base alla ricostruzione della procura i tre, con i volti coperti da due maschere di carnevale e da un cappuccio, dopo aver forzato la porta d’ingresso del civico 23 si diressero subito nella stanza da letto di Rina Guidi.
Stefania Guidi Colombi la colse nel sonno. Dapprima le spruzzò dello spray urticante sugli occhi, così da rendere impossibile il suo riconoscimento. Poi si mise sopra di lei immobilizzandola, mettendole una mano davanti alla bocca per impedirle di gridare. Intanto Filippo Milazzo la picchiava. L’anziana perse i sensi e loro le applicarono il nastro adesivo sulla bocca, sugli occhi, attorno alle caviglie, alla testa e sulla schiena, per legarle i polsi.
Mentre la donna era agonizzante cercarono quindi, con l’aiuto di Luigi Milazzo, le chiavi della cassaforte. Una volta scovato il bottino (8.300 euro in gioielli) pensarono alle proprie quote. Al giovane Luigi spettarono 500 euro. Al padre e alla sua compagna i restanti 7800, ricavati dalla vendita dei preziosi a un mercatino dell’oro (sarà il passo falso che permetterà agli inquirenti di risalire a loro). Poi fuggirono. In casa rimase la vittima. Che venne trovata morta per asfissia dal figlio il giorno successivo.
Ora il giudice Franco Attinà si è pronunciato sulla posizione del più giovane dei tre. Gli atti relativi alla sua posizione erano stati rinviati dalla Corte al pm per la riformulazione del capo di imputazione come “concorrente anomalo” nell’omicidio.
Per lui il tribunale ha deciso al termine del rito abbreviato la pena di 17 anni per concorso anomalo in omicidio, sposando così la qualificazione del reato sostenuta dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Stella Pancari del foro di Bologna. Alla pena detentiva si aggiunge una provvisionale di 100mila per la parte civile, Vito Scarpa, il figlio della vittima, costituitosi in giudizio attraverso l’avvocato Elisabetta Bellotti.
“Attenderemo il deposito delle motivazioni – annuncia l’avvocato Pancari -, ma posso già anticipare che faremo sicuramente appello”.
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