Bosco Mesola. Era accusato della rapina a un camionista avvenuta a Bosco Mesola la notte del 4 marzo 2009. Ma al termine dell’ultima udienza, nonostante i sette anni di reclusione chiesti dal pm Patrizia Castaldini, il tribunale collegiale di Ferrara (presidente Marini, a latere Rizzieri e Attinà) lo ha assolto per mancanza di prove Paolo Dori.
Dori, 49 anni, era stato fermato un mese dopo il fatto dai carabinieri di Comacchio. E non era certo uno stinco di santo. L’uomo, difeso dall’avvocato Matteo Nicoli del foro di Verona, è stato più volte condannato per reati contro il patrimonio e ‘vantava’ anche precedenti per reati contro la persona, evasione e resistenza a pubblico ufficiale. Era ricercato in tutta Italia un anno fa per aver investito con un furgone un carabiniere a un posto di blocco in provincia di Pistoia. In precedenza era sospettato di diverse rapine avvenute in Emilia Romagna e, ultimamente, si trovava in carcere a Venezia per ricettazione.
Per i fatti di Ferrara era sospettato, insieme a due persone non identificate, di aver derubato un autotrasportatore che aveva parcheggiato in un’area di sosta a Bosco Mesola (vai all’articolo). Quella notte, attorno alle 4, l’uomo – secondo l’accusa – aveva rotto il finestrino del mezzo pesante e immobilizzato il conducente, che stava dormendo all’interno dell’abitacolo, legandolo con del nastro adesivo e sotto la minaccia di un cutter. Fattosi consegnare le chiavi della porta posteriore, si era impossessato di 50 euro e di un navigatore satellitare. In quel periodo Dori risiedeva a Lido Nazioni. Di lui si persero le tracce fino al 2 aprile successivo, quando venne fermato dai carabinieri per un controllo. La sua persona corrispondeva infatti all’identikit fornito dalla vittima. L’autotrasportare lo riconoscerà dalla foto segnaletica pochi giorni dopo.
Ma la difesa ha chiesto un’altra prova necessaria per avere la certezza della colpevolezza. Ossia il riscontro del dna di Dori con quello ritrovato sul nastro adesivo utilizzato durante la rapina. E il responso dei carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma è stato a lui favorevole. I dna non combaciavano e tanto è bastato per decretarne l’assoluzione.
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