“Avevano spada, coltelli affilate, catene, bastoni di ferro. E tutti lo picchiavano, per circa dieci minuti, su è giù con i colpi. E lui che gradiva aiuto. Poi ho visto quando gli hanno affondato la katana nella coscia, da parte a parte”. È la terrificante scena che descrive uno dei testimoni oculari dell’omicidio di Tarek Hamad, tunisino di 25 anni, la sera del 29 aprile 2012.
Lui era andato nel sottomura di via Baluardi “per comprare un po’ di fumo, per rilassarmi un po’ a casa”. E in pochi minuti invece ha assistito all’efferata esecuzione. Dopo il primo pestaggio “Tarek prova ad alzarsi, su una gamba sola, dice che gli gira la testa, poi ricade e loro gli sono di nuovo addosso”. Lo finiranno. Bouguila fa appena in tempo a chiamare l’ambulanza ma deve subito fuggire, perché gli assassini ora se la prendono con lui.
Ieri è iniziato il processo in Corte d’Assise per quei fatti di inaudita violenza. Il pm Albero Savino contesta al marocchino Nabil Ben Abdennaby. Con lui ci sono altri sette imputati, che stanno seguendo sorti processuali diverse. L’unico minorenne all’epoca del delitto è già stato condannato in primo grado a 8 anni dal tribunale dei minori di Bologna. Un terzo ha scelto il rito abbreviato.
Gli altri, pur individuati dalla polizia, sono latitanti. E probabilmente hanno già lasciato l’Italia. Per loro il processo in contumacia si aprirà entro l’estate Tutti hanno preso parte secondo la procura assassinio di Tarek Hamad, una spedizione punitiva all’interno di una spartizione del territorio dello spaccio tra marocchini e tunisini.
L’odierno imputato, difeso dagli avvocati Eva Neri e Anna Sambugano, venne riconosciuto in un bar di Santa Maria Maddalena da Bouguila. “Fuggì appena ci vide scendere dalla macchina, tornerà solo quando arriveranno i carabinieri; credeva lo volessimo uccidere”.
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