Cento
28 Marzo 2013

Omicidio Paltrinieri, 16 anni per Fantoni

di Marco Zavagli | 4 min

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Federico Fantoni

Federico Fantoni

Cento. Sedici anni. È questa la pena comminata in rito abbreviato a Federico Fantoni. Il 39enne di Dosso è stato condannato per l’omicidio del suo amico Marco Paltrinieri, 45enne di Cento. Si è concluso ieri mattina il processo per i fatti del 9 aprile 2012.

Quella notte Fantoni, montatore di palchi per eventi musicali, era ospite insieme ad altri amici comuni a casa di Paltrinieri al civico 10 di via Torricelli per una cena. Attorno alla tavola siedono la vittima, Fantoni e altri tre amici. Il vino scorre a fiumi. Succede qualcosa, un litigio. Per un motivo non ben precisato. I tre amici che risulteranno estranei ai fatti non erano riusciti a decifrarne il motivo, dal momento che Fantoni e Paltrinieri avevano proseguito a discutere nel cortile.

Secondo la ricostruzione degli uomini del Norm della Compagnia dei carabinieri di Cento i tre amici se ne vanno per primi. Nell’abitazione il padrone di casa era rimasto solo con Fantoni. Cosa sia successo dopo non riuscirà a spiegarlo nemmeno l’imputato perché non ricorderà nulla. Gli inquirenti però trovarono nella sua abitazione abiti e scarpe intrisi di sangue. Viene sequestrata anche l’auto del 39enne, una Fiat 500 usata quella sera. A bordo di quella vettura Fantoni si presenterà anche sul luogo del delitto. La mattina del ritrovamento del corpo senza vita in via Galvani, intorno alle 10, l’uomo era passato da lì. In sede di interrogatorio riconoscerà uno degli inquirenti notato sul posto. Dirà di aver lasciato la macchina in via Torricelli per andare a Dosso, dove vie con i genitori, a piedi. Poi sarebbe tornato il giorno successivo facendosi accompagnare da madre.

Fantoni verrà trovato invece nella casa del fratello, intento a guardare su internet gli sviluppi del caso. L’uomo viene portato in caserma e sentito inizialmente come persona informata dei fatti. Alla fine confessa. Non tutto però. Perché alcuni dettagli sfuggono alla sua memoria. In particolare il movente e la dinamica. Quello che si sa è che si è liberato in qualche luogo dell’arma del delitto, un coltello da cucina che non verrà mai rinvenuto. In qualche luogo che ha dimenticato ha gettato anche la maglietta sporca di sangue. Nella sua mente erano ancora impresse invece le sequenze di quando ha colpito l’amico alla gola. “Sotto il porticato”, disse agli inquirenti. Proprio dove verrà trovato da un condomino alle 8.20 della mattina.

balboni2Il pm Filippo Di Benedetto dispose una consulenza autoptica e una tossicologica, dalla quale emergerà che Paltrinieri venne ucciso con 45 coltellate. L’uomo, difeso dall’avvocato Claudia Balboni, chiese di essere processato in rito abbreviato. In sede di arringa il legale ha chiesto l’assoluzione per insufficienza o, in subordine, il minimo della pena. “Non è mai stata ritrovata l’arma del delitto – riporta l’avvocato all’uscita dell’aula -; i vestiti dell’imputato avevano solo tre piccole macchie di sangue, mentre secondo la consulenza c’è stato anche un esercizio di contenimento della vittima tramite un abbraccio e se ci son state 45 coltellate il sangue dovrebbe essere dappertutto; c’è contraddizione anche a riguardo dell’ora del decesso, il medico-legale sostiene tra l’una e le due, ma i commensali sostengono di essersene andati attorno alle 4. Siamo di fronte a un quadro probatorio fortemente contraddittorio”.

Sicuro invece della colpevolezze il pubblico ministero, che ha chiesto 14 anni. Il gup Silvia Marini, dopo tre ore di camera di consiglio, ha deciso per una pena anche maggiore, alla quale si aggiungono il risarcimento ai familiari da liquidarsi in sede civile, una provvisionale di 150mila euro per il padre della vittima, 30mila per il fratello e 5mila per la zia. Le motivazioni della sentenza sono attese tra 90 giorni, ma la difesa è già sicura che “ricorreremo in appello”.

“C’è soddisfazione per la condanna – commenta Gisella Rossi, avvocato di parte civile -, anche se ovviamente rimane l’amaro in bocca perché Marco è morto e una persona è in carcere. Dal punto di vista personale mi sembra impossibile che l’imputato non si ricordi cosa successe quella notte. E se davvero non era convinto di quella confessione, avrebbe potuto ritrattare fino ad oggi. La cosa più drammatica è che ancora oggi alla famiglia rimane lo sconforto di non sapere il movente, di non sapere perché il loro caro è stato ucciso”.

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