Piero Stefani annuncia sul suo blog “Sui confini”, ospitato in questa testata on line da alcuni mesi, che ha deciso di non scrivere più per Estense.com. La decisone è stata presa mentre era in procinto di commentare il “gran rifiuto” di Benedetto XVI a proseguire il pontificato. Il “rifiuto” di Stefani a continuare la collaborazione su questa testata sarebbe scaturito proprio da alcuni commenti apparsi in un articolo sull’abbandono di Ratzinger.
In realtà, che Stefani avesse messo in discussione la sua esperienza di blogger, a cui si era dedicato fino a quel momento con assiduità, si era già capito nelle risposte ai comment sul suo post “Uno spazio per Sinti e Rom”
L’invito formulato da Stefani in quel post a cogliere l’occasione del Giorno della Memoria per richiamare con forza l’attenzione sullo sterminio di Sinti e Rom mi era parso di grande importanza. Non solo perché, come concludeva giustamente Stefani, “la complessità dell’argomento testimonia l’autenticità del tema”, ma anche perché il nostro rapporto storico con gli “zingari” interroga come pochi altri nel nostro presente il difficile rapporto con gli “altri”.
Ma in quell’occasione, come in moltissime altre, alcuni commenti nella discussione erano scivolati fuori tema (off topic, come si dice). Da qui erano nate alcune considerazioni polemiche su come funzionano i blog di Estense.com e sul ruolo della direzione . Una manifestazione di insofferenza che mi pare crescente e condivisa da altri commentatori, altri blogger, anche in altri blog del giornale.
Ne era scaturita la richiesta di interventi da parte della redazione, oltre a quelli normalmente già effettuati. Fiorenzo Baratelli, assiduo blogger su questa testata, affermava in proposito “La Direzione di Estense.com non dovrebbe consentire di firmarsi con degli pseudonimi o dei nomi ‘ridicoli’”
E Stefani (sottoscrivendo “in pieno l’affermazione dell’amico Baratelli”) concludeva affermando di temere che il blog diventi un “luogo di sfoghi viscerali e non già di confronto”.
“Sono i blog bellezza”, avevo avvertito, accettando anch’io di aprire uno spazio su questa testata: il problema è che queste non sono né le pagine degli inserti culturali dei quotidiani nazionali, né le riviste scientifiche né i circoli culturali. Il gioco qui è più duro e più “sporco”. Forse il più difficile nel giornalismo attuale. Come sa chiunque lavora nelle redazioni locali e nel mondo senza regole e tutele della Rete.
I nickname e l’anonimato, per altro, sono costitutivi della comunicazione in Internet; ma hanno molto più a che fare con la libertà della Rete e con l’indipendenza di chi la frequenta di quanto non abbiano a che fare con la “moralità” o la volgarità. Questo non va dimenticato. Il prezzo è forse alto, e a volte è frustrante pagarlo, ma in ballo c’è la possibilità stessa di uno spazio (ancora per un po’) sostanzialmente senza censure. (Del resto, I commenti “viscerali” sono gli stessi che possiamo ascoltare in un qualsiasi bar dove si sfoglia la stampa locale fra una mano a trionfo e un prosecchino). Le comunità locali funzionano così. L’autoreferenzialità è il rischio di ogni comunità locale. Anche di quelle on line.
I problemi, è evidente, ci sono. E Marco Zavagli, direttore della testata, ha cercato di porvi rimedio, ad esempio abolendo (forse a ragione, ma non ne sono sicuro) i “pollici rossi”. Penso però, come dichiarai aprendo “Sono i blog, bellezza”, che non bisogna perdere di vista il fatto che la sfida più importante lanciata da Estense.com si gioca sul terreno della “..possibilità di una crescita e rafforzamento dell’ ‘ecosistema locale di media’. Che significa, in ultima analisi, più partecipazione e democrazia”.
La trasformazione del sistema mediatico e politico a cui concorre – consciamente o meno – l’esperienza di Estense.com ritengo sia di per sé un fattore rilevante per la vita democratica locale. Questo è il punto. E quando Stefani rimpiange il tempo in cui era necessario “scrivere, imbustare, affrancare, imbucare” contrapponendolo alla “elettronica immediatezza viscerale “ che manda “la riflessione in soffitta”, non esprime solo una personale preferenza “antitecnologica”, ma toglie peso e legittimità a questo percorso di cambiamento, evoca un’aura democratica per un logoro sistema di media che democratico non è.
Infine, quando decide di “ritirarsi in soffitta”, ci nega il suo efficace antidoto a quanto abbiamo letto ieri – quasi inosservato dai media e subito dimenticato – sulle ronde leghiste che hanno “spazzato dagli zingari i bagni dell’ospedale Maggiore”. Viscerale risposta al male di oggi a cui Stefani aveva saggiamente cominciato per tempo a metterci in guardia.
Sul che fare per migliorare la situazione, ci proponiamo di tornare fra breve. Sperando ci sia ancora voglia di discuterne insieme.