Non sarà l’Huffington Post ferrarese. L’idea di inserire i blog in Estense.com, ha affermato il direttore Marco Zavagli, non vuole copiare il più noto “aggregatore di blog” del mondo. Né, tanto meno, la sua neonata versione italiana, diretta da Lucia Annunziata per il colosso editoriale Espresso-Repubblica.
Speriamo sia così. Non perché non ci piaccia l’esperienza dei blog, i “diari” liberamente pubblicati in rete dai cittadini del cyberspazio, o la loro “evoluzione” negli aggregatori (la possibilità, via software, di raccogliere automaticamente i diversi blog e comporli graficamente come il giornale a cui siamo abituati). Anzi.
Della esperienza originale americana non ci piace la nota vicenda per cui Ariann Huffington, che ha avuto l’idea di aggregare i blog, ha venduto i contenuti scritti gratuitamente dai blogger per l’esorbitante cifra di trecento milioni di dollari ad Aol (multinazionale di media e servizi). L’intelligenza collettiva gratuita appropriata da una furbetta del cyberspazio (o un’imprenditrice innovativa, se preferite). E non è l’unica.
Della versione italiana ci convince poco – dal punto di vista giornalistico – il fatto che l’esperienza nasce già dentro un grande gruppo, diretta da una giornalista di lungo corso, certamente brava ma con un Dna dell’informazione più televisivo che telematico. L’innovazione, crediamo, ha bisogno di terreni freschi e aperti e giovani piante per prosperare
L’augurio, dunque, è che prenda corpo realmente l’affermazione “..Estense.com proverà a essere la bocca che dà voce a tanti di questi cittadini. Cittadini che, legge del web docet, diventeranno per noi blogger.”
La novità non è tanto nello strumento (i blog e gli aggregatori sono già “vecchi” e “superati” dai social network), né nell’“incrocio” fra blog e giornali (tutti hanno i loro “blog d’autore”), ma nella possibilità di una crescita e rafforzamento dell’”ecosistema locale” dei media. Che significa, in ultima analisi, più partecipazione e democrazia.
Perché la questione è questa: l’ecosistema dei media locali vede già la presenza (per citare i maggiori) di due testate cartacee quotidiane, e di una forte radiotelevisione. Questo ecosistema è sufficientemente dinamico e aperto per sviluppare la varietà di intelligenze e la vitalità della città? Non è in discussione la qualità dei professionisti che ci lavorano (i lettori li giudicano dal loro operato) ma il sistema dei media che si è sviluppato nel tempo, le sue relazioni con il potere locale, la capacità di aprirsi al nuovo, di investire nelle idee originali e di dare spazio (anche professionale) ai giovani. E su questo si può e dovrebbe discutere.