Non ho voluto mancare al funerale dell’avvocato Paolo Ravenna, anche se con lui avevo rapporti prevalentemente formali. Desideravo anch’io accompagnarlo al cimitero ebraico, insieme a tanta altra gente, che lo aveva apprezzato e stimato per il suo alto impegno, profuso per la valorizzazione della città, in particolare il ripristino delle mura cittadine. Commossi i discorsi di commiato nella Cappella ebraica, in particolare quello del Sindaco Tagliani, diretto e spontaneo.
Mentre ascoltavo le parole di saluto alla sua eminente figura, il mio pensiero andava anche alla cara consorte, Roseda Tumiati, per la sua intensa attività di docente e di scrittrice (La pace del mondo gelatina, ed. 1984, prefazione di Giorgio Bassani, – presentato dalla Dante Alighieri -, nonché Un piccolo soldato, 1994, ed. Amadeus, entrambi evocativi delle sue esperienze di fanciulla al tempo del fascismo. Ma non potevo non rammentare le dolorose traversie del padre di Paolo Ravenna, l’eminente sindaco Renzo, socio della Dante Alighieri di Ferrara nel 1938, quando insieme ad altri 34 soci ebrei fu costretto, a causa delle leggi razziali, alle dimissioni dal Comitato. Fu tra i primi nel 1947 a ritornare tra gli iscritti del Sodalizio.
Ma particolarmente struggente è stato l’accompagnamento – dopo i discorsi di rito – all’ultima dimora in un’atmosfera rarefatta, avvolta nella cornice di alberi secolari – splendenti di rosso e giallo intensi -. che lasciavano cadere sulle spalle degli accompagnatori stille di gocce leggere, quasi evanescenti. Gli unici suoni percepibili venivano dal calpestio dei piedi sul manto delle foglie cadute sul terreno.
Luisa Carrà, presidente Dante Alighieri di Ferrara