Riprende dopo la pausa estiva l’attività pubblica della Fondazione Ermitage Italia e riprende con un’importante conferenza del ciclo dedicato al Rinascimento nel Novecento. Lunedì 17 settembre il professor Ranieri Varese analizzerà e descriverà una delle grandi mostre del XX secolo che hanno consacrato internazionalmente l’arte ferrarese: “Esposizione della pittura ferrarese del Rinascimento” a Palazzo Diamanti nel 1933.
Proprio nel 1933 fu celebrato il IV centenario della morte di Ludovico Ariosto e per quell’occasione la città di Ferrara realizzò un articolato e ricco programma di iniziative: dalle letture ariostesche alla riorganizzazione del patrimonio museale.
In calendario fra tutte le iniziative spiccava la mostra dedicata alla pittura ferrarese del Rinascimento, una grande esposizione che però non godette dei tempi necessari per approfondimenti e ricerche, come richiesto a gran voce da Adolfo Venturi, autore di saggi sulla pittura ferrarese del XV e XVI secolo. Il regime fascista – da poco affermato – volle infatti utilizzare le iniziative in programma per le celebrazioni come “manifesto” per presentare l’interesse verso la cultura e la tradizione del loro governo.
Tuttavia la mostra presentò lo stato degli studi in maniera dignitosa, con un unico vero errore: mantenere la distinzione fra Ercole Grandi e Ercole De Roberti che già la critica aveva riunito in unico pittore.
L’arte della scuola ferrarese non era un tema sconosciuto, già grandi critici e storici dell’arte – come Venturi, Berenson, Hermann, Gardner, Harck, Warburg – avevano affrontato più volte questa tematica.
Il curatore della mostra del 1933 fu Nino Barbantini, non uno studioso del settore, ma un capace ed esperto organizzatore che saggiamente si affiancò dal punto di vista scientifico in parte a Venturi ma soprattutto a Bernard Berenson, studioso americano del Rinascimento italiano.
L “Esposizione della pittura ferrarese del Rinascimento” raccolse ottimi risultati: furono riuniti da tutto il mondo 254 dipinti; aperta dal maggio all’ottobre contò ben 215mila visitatori tanto da doverla prolungare.
Proprio in occasione della visita di questa esposizione il noto storico dell’arte Roberto Longhi riuscì a trarre ispirazione per uno dei suoi migliori saggi, l’Officina ferrarese, che per tutto il Novecento stabilì il canone critico della pittura rinascimentale cittadina ma come notò Fedrico Zeri fu anche “freno ad ogni ulteriore ricerca”.
Ranieri Varese si è laureato in Lettere presso l’Università di Bologna e successivamente ha ottenuto il diploma di perfezionamento in storia dell’arte presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.. Dal 1970 al 1985 direttore dei Civici Musei d’Arte Antica di Ferrara; ha insegnato nelle principali università italiane (dal 1965 al 1970 è stato assistente volontario alla cattedra di storia dell’arte medievale e moderna presso l’Università di Pisa, professore associato di storia dell’arte medievale e moderna dal 1985 presso l’Università di Urbino, professore straordinario di storia dell’arte medievale e moderna dal 1992, professore ordinario di storia dell’arte moderna dal 1995 presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Ferrara). E’ stato vicedirettore della rivista Critica d’Arte, redattore degli Annali dell’ Università di Ferrara Sezione Lettere, direttore, dal 2002 al 2006, del Dipartimento di Scienze Storiche della Università di Ferrara.
Ingresso libero.
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