Lettere al Direttore
21 Marzo 2011

Lo sdoppiamento del Csm

di Redazione | 3 min

Nel Disegno di legge costituzionale varato dal Consiglio dei Ministri del 10 marzo, oltre alla separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, previsto nell’art.5, con cui si dovrebbe sostituire l’art.104 della Costituzione, all’art.6  dello stesso Disegno, con la previsione dell’aggiunta dell’art.104-bis della Costituzione, si istituisce “Il Consiglio superiore della magistratura giudicante”, presieduto dal Presidente della Repubblica, e all’art. 7, che introduce l’aggiunta dell’art.104-ter, “Il Consiglio superiore della magistratura requirente”, sempre presieduto dal Presidente della Repubblica. Entrambi i Consigli, poi, oltre ad essere stato previsto che ne fanno parte di diritto il primo presidente della Corte di cassazione, per il primo Consiglio, e il procuratore generale della Corte di cassazione, per il secondo, è stato anche sancito che essi sono composti, rispettivamente, il primo, da membri eletti per metà da tutti i giudici ordinari tra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili, e, il secondo, da membri eletti per metà da tutti i pubblici ministeri tra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili. L’altra metà, invece, sia per quanto riguarda il Consiglio superiore della magistratura giudicante, sia per quello dei requirenti, è eletta dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. In entrambi i Consigli il vicepresidente viene eletto tra i componenti designati dal Parlamento.  

Anzitutto, va rilevato che ancora una volta si perde l’occasione di sancire nella Costituzione il numero dei componenti del Consiglio, anche per evitare di affermare dei concetti privi di significato: la metà, infatti, se non c’è un numero di riferimento – costituzionalizzato -, è priva di senso. Indicare, quindi, nella Carta il numero complessivo dei componenti garantisce i cittadini dai pleonasmi, e dà certezza alla Politica, che così non può intervenire a seconda delle esigenze occasionali con norme ordinarie.

Detto ciò, si ritiene utile rilevare che la suddetta soluzione che il Governo intende adottare non fa altro che appesantire ulteriormente un apparato istituzionale, che già così com’è costituisce un problema per il bilancio pubblico e che non porta alcun vantaggio per i cittadini. La separazione delle carriere, se può anche essere condivisa, non giustifica, tuttavia, anche lo sdoppiamento del Consiglio superiore. Questo, infatti, ben può restare unitario, mediante la costituzione di due sezioni specializzate: una per i procuratori e un’altra per i giudici. Sdoppiare, perciò, il Consiglio superiore, che seppur dal punto di vista simbolico e politico può anche avere una certa valenza, di sicuro sul piano organizzativo rende ulteriormente burocratizzato l’apparato statale, in una fase storico-politica che farebbe ben gradire alla Comunità nazionale uno sfoltimento degli organici e una riduzione delle spese pubbliche.

Ed è in linea con quanto innanzi la previsione dell’art.9 del citato Disegno costituzionale, che pur aggravando l’apparato burocratico con la istituzione della Corte di disciplina, dispone che essa si articola in una sezione per i giudici e in una sezione per i pubblici ministeri, composte, entrambe, per metà da membri eletti dal Parlamento in seduta comune, e per l’altra metà, rispettivamente, da tutti i giudici, per la prima sezione, e dai pubblici ministeri, per la seconda.

Le sezioni specializzate, quindi, nell’ambito dell’attuale Consiglio superiore della magistratura potrebbero risolvere il problema collegato all’introduzione nel nostro ordinamento della separazione delle carriere, evitando inutili appesantimenti burocratici e aggravi di costi per il bilancio pubblico, e ricomprendendo, altresì, in tali sezioni, anche la Corte di disciplina, di cui dovrà anche essere determinato il numero complessivo dei componenti.

Teodoro Russo, Ferrara

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