
Le quattro lastre che ricompongono il rettile (da http://theropoda.blogspot.com)
Paludi lugubri, fiumi inesplorati. Zone equatoriali, tropicali. Normalmente, verrebbe da pensare a questi luoghi per parlare di coccodrilli. E invece… In queste ore sta trovando il proprio quarto d’ora di notorietà il “coccodrillo di Portomaggiore”. Sì. Proprio Portomaggiore, comune della provincia di Ferrara.
La storia, vale la pena raccontarla. Siamo negli anni ’50, e tra le mani di un artigiano del marmo di Portomaggiore arrivano alcune lastre diverse da quelle che normalmente lavora, ammoniti rossastri. Sono state ritrovate durante i lavori di costruzione di un cavalcavia a Sant’Ambrogio Veronese, nelle vicinanze del Lago di Garda, in provincia di Verona.
Incuriosito, e forse nemmeno cosciente di quanto aveva tra le mani, l’artigiano portuense decide a rivolgersi a personale competente, sia a Ferrara che a Bologna. Di lì una diatriba a colpi di carte bollate, che portarono persino al sequestro del materiale.
La soluzione cui si arrivò fu equa: due lastre al museo di Storia naturale di Ferrara, altre due al Museo geologico Capellini dell’Università di Bologna.
Le lastre rimangono in esposizione per anni. Poi arriviamo a due anni fa, nel museo del capoluogo felsineo. Due giovani scienziati, Federico Fanti e Andrea Cau, decidono di capire qual è esattamente il fossile che è intrappolato da milioni di anni nella roccia, che fino a quel momento è indicato nella teca come “Metriorhynchus”, ovvero un “antico coccodrillo marino ormai estinto”.
Beh, il marmista di Portomaggiore aveva nelle mani nientemeno che il coccodrillo più antico del mondo. La sua curiosità fu davvero provvidenziale: senza il suo interessamento, probabilmente quella preziosissima lastra di ammonite rossastro sarebbe finita in chissà quale tipo di lavorazione e persa per sempre. Il reperto è stato fatto risalire a 165milioni di anni fa: fino a questo punto si era risaliti al massimo alla presenza dei rettili in questione ‘solo’ fino a 155milioni di anni fa.
Il teschio ricostruito è del tutto simile a quello moderno, ovvero muso lungo e dentatura impressionante. A differenza delle specie attuali, solamente gli zigomi sporgenti, andati persi nel processo evolutivo.
Lo studio dei due scienziati, che hanno dato il nome scientifico di Neptunidraco ammoniticus al “coccodrillo di Portomaggiore”, verrà pubblicato sulla rivista scientifica Gondwana Research.
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni
Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.
OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:
Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com