Lettere al Direttore
10 Settembre 2023

Save the Park, perché professarsi apolitici?

di Redazione | 4 min

Caro Direttore,

condivido una lettera che ho inviato agli amici di Save the Park per una riflessione critica sul concetto di apolitica.

Gentili amici del Gruppo Save the Park,

mi chiamo Claudia Zamorani e sono una componente del vostro gruppo. Dall’inverno scorso seguo le vostre appassionate  battaglie che ho apprezzato fino al punto di decidere, a un certo punto,  di iscrivermi alla vostra comunità e di partecipare alle vostre battaglie, che facevo mie naturalmente senza che nessuno mi avesse dato lo sprone, perché sentivo di condividere valori, sensibilità, visione.  Così, spontaneamente,  per affinità elettive.

Prima la battaglia epica del Feris che ci ha unito trasversalmente contro le colate di cemento  e le lobby mascherate del mattone.  Poi quella struggente e disperatamente romantica in difesa del parco urbano, per preservarne  la dirompente quanto fragile bellezza dalla calata gommata dei barbati in sella ai grandi tir di acciaio, e dalla logica crudele che tanto il fine giustifica i mezzi mentre l’erba prima o poi ricresce.

Ci siamo organizzati, ritrovati, emozionati.  Abbiamo parlato, siamo scesi in piazza, portato i nostri figli e cercato, ciascuno a modo suo, di sensibilizzare l’opinione pubblica e i nostri concittadini, i nostri vicini, le famiglie, i nostri amici su temi che ci bruciavano dentro.  Abbiamo cercato di cambiare le cose.  Che splendore.

Due emozionanti battaglie politiche – e sottolineo politiche – che all’improvviso sembravano avere risvegliato in tutti noi un senso di comunità che sembrava sopito da tempo in tanti cittadini come caduti in  un lungo torpore, al pari della bella addormentata del bosco punta dal fuso dell’indifferenza e della rassegnazione, del tirare a campare pensando ciascuno al proprio orticello. Un esempio, quello dell’orticello,  mai così calzante come in questo caso.  In questo gruppo.

Ecco perché, dopo tutta questa energia bella, pulita, confesso di essere rimasta delusa quando ho cominciato a leggere commenti dei componenti scandire a mo’ di rimprovero che il gruppo è apartitico e apolitico: lo stesso effetto di una sportina di plastica gettata su teneri germogli. Come dire, zitti e buoni. Di certe cose qua non si parla perché siamo neutri.  Equidistanti.

La prima volta che è capitato a me, mi sono ritratta e non mi sono fatta più sentire. Non so se lo farò più. Ma vedo che ricapita con regolarità e mi dispiace. Ogni volta è una doccia fredda, è una bolla che scoppia, un sogno che si infrange. Cosa vuole dire poi essere apolitico? Non è politica quella che abbiamo fatto finora?  Come se la politica fosse qualcosa di brutto, di vergognoso. Vergognoso semmai è quello che è successo.

La parola politica deriva dal greco antico politikḗ  e significa che attiene alla pόlis, alla città.  E’  l’arte di vivere assieme per il bene di tutti. E’ una cosa bella, stimolante, creativa.

Fare politica vuol dire interessarsi ai problemi di tutti, cercando di risolverli nel modo migliore tendendo al bene comune. Vuol dire confronto e sintesi. Non è quello che abbiamo fatto finora?  Il gruppo Save the Park ha portato avanti bellissime battaglie politiche. Perché c’è vergogna e timore a dirlo? Non è uno stigma da cui smarcarsi. Perché adesso vi professate apolitici? Cosa temete?

Io per esempio non sono iscritta a un partito, non ho tessere, non sono consigliera, assessora, non sono niente. Ciononostante mi considero progressista perché condivido  certi valori e un certa visione del mondo.  Ma non pretendo che tutti la vedano come me, anzi.

La diversità è una ricchezza di grande stimolo alla crescita. Cerco di fare politica nel mio piccolo ogni giorno, di metterla in ogni decisione che prendo, in ogni azione che compio. Non voglio essere equidistante ma prendere sempre una posizione, in modo garbato, civile.  Anche se è meno comodo.

Vi domando quindi: posso continuare  a fare parte di questo gruppo anche se faccio politica nel mio piccolo e a modo mio, o  è meglio che esca?

Non vorrei più sentire dire: ‘Noi siamo apolitici’.  Del resto anche chi si dichiara neutro in realtà sceglie da che parte stare.

Non sprofondiamo nuovamente nel lungo sonno della bella addormentata punta dal fuso della rassegnazione e della indifferenza.  Andiamo avanti a testa alta senza aspettare  il bacio del principe.

Il pettirosso e le begonie vanno bene.  Ma tra dieci mesi si vota.  Possiamo provare a inclinare il piano oppure continuare a coltivare il nostro orticello: rape, un po’ di radicchio e fiumi di vino. Quello lo offre il Principe.

Claudia Zamorani

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