Sbandano con la moto. Due feriti in via Calzolai
Schianto con feriti a Malborghetto di Boara, dove - nella serata di giovedì 1° maggio - una motocicletta su cui stavano viaggiando due persone è andata a sbattere autonomamente contro un guardrail
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Dici Primo Maggio ed è subito “rivolta sociale” la parola che sceglie il segretario generale Fiom Cgil-Ferrara Stefano Bondi per descrivere in che cosa consiste la festa dei lavoratori anche quest’anno. E ci tiene a specificare che il significato che attribuisce a questo concetto è rigorosamente democratico, ovvero che a partire dai referendum dell’8 e 9 giugno “si potranno cambiare concretamente le cose"
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(immagine d’archivio di un centro termale)
L’associazione politico-culturale Campo Democratico torna sui dati poco confortanti del turismo a Ferrara e rilancia l’idea di dare vita a un’industria termale per sviluppare il settore utilizzando la risorsa geotermia. Riportiamo integralmente l’intervento che contiene i dettagli sulla proposta, a partire dallo studio di fattibilità che si auspica venga commissionato.
I dati di luglio (tutt’altro che brillanti) relativi all’afflusso e alla permanenza di turisti a Ferrara, ci inducono ad insistere sulla necessità di ripensare a fondo la nostra industria turistica.
È necessario identificare un nuovo asse portante dell’offerta turistica ferrarese, che si affianchi al tradizionale e indispensabile concetto di Ferrara città d’arte e cultura.
Per questo crediamo che sia una opzione concreta e strategica approfondire, attraverso un vero progetto di fattibilità, la nostra proposta di dare vita a Ferrara a una industria termale che utilizzi una risorsa fondamentale come la geotermia, affidandone la realizzazione a UniFe, Sipro e chiedendo un contributo professionale e tecnico a Hera.
Qualche anno fa uno studio di UniFe giudicava altamente idonee a scopi termali le acque geotermiche ferraresi, consigliando peraltro approfondimenti sanitari che non ci risulta siano stati compiuti, e evidenziava come le risorse geotermiche avrebbero permesso di azzerare uno dei costi energetici più importanti di ogni altro competitor: il riscaldamento delle acque.
L’industria termale, in Italia, conta su tradizioni secolari e vede oggi in attività 317 centri termali, il 90% dei quali è accreditato dal SSN.
Sono i dati presentati recentemente da Federterme-Confindustria e dall’Ente Bilaterale Nazionale Terme (EBINAT): nel 2021 e 2022 il termalismo nazionale ha segnato ricavi rispettivamente del più 56,1% e del più 45%, registrando un significativo recupero rispetto al triennio precedente, anche se ancora al di sotto degli oltre 2 miliardi che l’attività termale raggiungeva prima dell’epidemia.
Sempre secondo Federterme, il sistema termale italiano ha accolto e assistito 2 milioni e 790 mila clienti, di cui il 12% composto da stranieri.
Sono circa 150 i comuni italiani che dispongono di stabilimenti termali: 62 in località esclusivamente termali, 22 in località marine, 13 in città d’arte, 12 in località montane, i restanti diffusi su un territorio senza particolari caratterizzazioni. Ad esclusione di Napoli, Genova e Bologna, dove pure esistono impianti termali, le terme sono normalmente collocate in centri di ridotte dimensioni e presentano una concentrazione geografica elevata: oltre il 50% tra Veneto e Campania, seguite a distanza da Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Lombardia.
In realtà i numeri appena citati sono ancora numeri piccoli dovuti, noi crediamo, al fatto che il termalismo in Italia ha tradizionalmente basato la propria offerta sul valore sanitario delle prestazioni termali che possono coadiuvare (fino a sostituire) terapie mediche importanti per la salute di milioni di persone.
Naturalmente il valore terapeutico delle cure termali non è in discussione, ma avere legato la storia e la gestione delle terme alle prestazioni sanitarie ha fatto per molto tempo, del termalismo, una ancella delle vecchie mutue e poi del SSN. Quando il definanziamento del SSN ha prodotto, negli scorsi lustri, drastici tagli alla spesa pubblica a sostegno delle prestazioni termali, molte terme hanno registrato duri contraccolpi e crisi, solo in parte alleviati dal recente bonus terme.
Tuttavia, nel tempo, una parte delle terme italiane ha cercato di cambiare pelle incontrando una domanda nuova e assai interessante, anche economicamente, ancorata al concetto di wellness.
Il turismo legato alla salute è una “nicchia di mercato” in costante crescita che produce una maggiore destagionalizzazione dei flussi, un incremento di ricavi per tutti gli attori coinvolti (gestori termali, alberghi, ristorazione in primis). Se, infatti, il valore del mercato del turismo medicale a livello mondiale ammonta a 910 miliardi di euro mentre in Italia si attesta sui 2,1 miliardi e la crescita attesa del primo anno di operatività di Italcares, nuova piattaforma per la promozione globale del turismo medicale (promossa da Federterme e Ebinat con il sostegno del Ministero del Turismo) è del 20% (circa 400 milioni di euro), il giro d’affari mondiale del settore health and wellness è potenzialmente stimato dal Global Wellness Institute (GWI) in 4.400 miliardi di dollari.
Secondo il GWI, il segmento del wellness tourism è quello che sta crescendo più velocemente negli ultimi anni, nel contesto dell’economia mondiale del benessere.
Si tratta di dinamiche rilevanti che si sono concretizzate per esempio in una flessione dell’età media del turista termale; la forte diversificazione della motivazione della domanda termale in direzione del wellness ha fatto crollare del 10% la quota delle persone con più di 65 anni di età, mentre è cresciuta di oltre il 35% quella delle persone con un’età compresa tra i 30 e i 50 anni.
L’età media del turista termale italiano è così scesa dai 55 ai circa 40 anni, certamente la fascia di popolazione con la maggiore capacità di spesa.
Una controprova della crescente dinamicità del nuovo turismo termale è offerta dagli ultimi dati Istat sui movimenti turistici in Italia: tra i comuni che registrano maggiori incrementi rispetto al 2021 ci sono quelli con vocazione montana e con turismo termale (rispettivamente +46,8% e +43,2%) mentre i comuni a vocazione culturale, storica, artistica e paesaggistica mostrano una variazione delle presenze allineata alla media nazionale (+39,3%)
Abbiamo cercato di delineare un contesto di mercato, certamente da approfondire attraverso lo studio di fattibilità che proponiamo, nel quale Ferrara potrebbe acquisire una posizione competitiva forte e distintiva: nessuna location italiana potrebbe godere di un binomio quale quello di acque termali provenienti da fonti geotermiche e quello di città di arte e cultura con una storia ducale che per secoli ha fatto dei “bagni” una esclusiva del benessere di corte.
Noi pensiamo a un complesso termale di ampie dimensioni, dotato di stabilimenti terapeutici, SPA, piscine e giochi d’acqua di ogni genere, attività ginnico-sportive, servizi alberghieri e di ristorazione, zone di verde e relax, servizi educativi, scuole e corsi di benessere, connessioni al sistema museale e ai giacimenti culturali della città patrimonio dell’Umanità.
Una industria termale con queste ambizioni offrirebbe anche a UniFe l’occasione per potenziare la propria offerta formativa e per focalizzarsi su un ampio ventaglio di scienze della salute e del benessere, mentre offrirebbe al restante sistema formativo la possibilità di costruire percorsi professionali di elevato livello per un lavoro qualificato e meno precario (se non altro perché assai meno stagionalizzato).
Va da sé che uno studio di fattibilità dovrebbe esaminare gli investimenti necessari (magari in configurazioni graduali e modulari), i possibili ricavi e margini delle diverse filiere di servizio possibile, gli impatti occupazionali e sul reddito, la sostenibilità finanziaria, i migliori assetti gestionali e organizzativi, magari attraverso un benchmark internazionale.
Andrebbero individuati, rispetto ad investimenti certamente consistenti, anche i possibili investitori nazionali e internazionali (fondi di investimento specializzati, assicurazioni sanitarie, fondi pensione) e magari anche imprenditori locali in grado di investire in una ottica di lungo periodo e non speculativa. Ci attenderemmo da UniFe e da Sipro un particolare impegno a definire il modello di business e a ricercare gli investitori verso i quali avviare verifiche nel corso stesso della elaborazione del possibile piano industriale.
Siamo (lo è il Comune) in fase di redazione del nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG) e crediamo che sarebbe quello il contesto in cui indicare la possibile collocazione degli stabilimenti termali ferraresi.
Una possibile localizzazione della futura industria termale, che ci parrebbe particolarmente interessante, sarebbe nel quadrante nord-ovest, a ridosso della stazione ferroviaria e ben collegata con il sistema autostradale e tangenziale. Le terme, qualora fossero posizionate, ad esempio, tra via del Lavoro e viale Po darebbero una impronta determinante alla riqualificazione di una parte tanto importante del territorio urbano e costituirebbero un fattore di valorizzazione strategico della “porta di Ferrara” e del sistema insediativo di via Modena-Via Eridano e via Padova.
Se invece lo studio di fattibilità indicasse come maggiormente idonea un’area di proprietà pubblica il comune potrebbe conferirla sia a titolo di compartecipazione all’investimento che di partecipazione nella società di sviluppo delle terme. In ogni caso, quale che fosse la localizzazione prescelta e la proprietà dell’area individuata, il Comune dovrebbe impegnarsi a definire gli strumenti urbanistici necessari e a realizzare le infrastrutture utili alla ottimale gestione dell’attività termale.
“Ferrara terre e acque”, da marchio generico di un territorio potrebbe divenire un marchio identitario delle future terme estensi.
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