
Comacchio. Il territorio deltizio è giovane e antico insieme. Le aree umide custodite al suo interno rappresentano relitti di complessi palustri più estesi che non si trovano più in condizioni di naturalità e la loro conservazione richiede dunque azioni di ricambio dell’acqua.
È il caso di Valle Zavelea: una palude di acqua salmastra di circa 200 ettari – compresa tra Valle Pega e la grande Valle del Mezzano -, la cui porzione meridionale (circa 70 ettari) non è stata bonificata.
Per questo il mantenimento degli aspetti naturalistici e paesaggistici di pregio è legato a operazioni gestionali ben precise e attentamente valutate, anche in base alle caratteristiche e alla vocazione delle diverse aree. Valle Zavelea, infatti, riceve acqua dal canale di bonifica Fosse-Foce e può scaricare nei fossi di Valle Pega.
L’attuale capacità di carico e scarico è tale da non consentire un flusso d’acqua e un ricambio sufficiente a mantenere le condizioni dell’ecosistema. Pertanto, è opportuno cambiare completamente l’acqua una volta all’anno, lasciando anche i fondali all’aria per qualche settimana, così che i sedimenti possano ossigenarsi, prevenendo possibili fenomeni di anossia.
Infine, questo andamento dei livelli ricalca il naturale prosciugamento estivo dei bordi delle zone umide, un tempo assai frequente e importante per tante specie animali e vegetali, divenuto oggi sempre più raro a causa della riduzione delle aree allagate, che hanno perso le zone marginali, più facili da bonificare. Non è un caso che le distese fangose asciutte nella tarda estate in cui sviluppano rade graminacee siano un habitat rigorosamente protetto dall’Unione Europea, con la denominazione di “stagni temporanei mediterranei”.
Dopo le prime piogge, quando le acque del canale Foss-Foce saranno migliorate o, al più tardi, tra fine settembre e inizio ottobre si procederà al riempimento di Valle Zavelea, come negli anni precedenti.
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