Spettacoli
11 Maggio 2023
Lo spettacolo in scena venerdì 12 e sabato 13 (ore 20.30) e domenica 14 maggio (ore 16)

“Sani!”, Marco Paolini chiude la stagione di prosa al Teatro Comunale di Ferrara

di Redazione | 4 min

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(foto di Gianluca Moretto)

Giunge al termine la stagione di Prosa 2022/23 del Teatro Comunale di Ferrara con Sani! di Marco Paolini che sarà in scena insieme ai musicisti Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi venerdì 12 e sabato 13 (ore 20.30) e domenica 14 maggio (ore 16).

Sabato 13 maggio alle 12, al Ridotto, è previsto anche l’incontro con Paolini e il resto della compagnia, moderato dal direttore artistico Marcello Corvino (ingresso libero).

Sani è un’espressione usata per dare il saluto ai piedi delle Alpi, nella valle del Piave. Viene da  Salus, e secondo Paolini riassume il senso del teatro per questo tempo, un teatro che mette insieme creando ponti. Sani! è un abbraccio, un augurio, un invito a provarci, un tonico contro la solitudine in forma di  ballata popolare. Il punto esclamativo esprime la fiducia nella risposta al saluto degli spettatori. Guadagnarsi  quella fiducia, trasmetterla è la sfida di questo teatro fra parentesi.

Sani è parola che canta, concerto, ballata popolare che in un dialogo stretto alterna storie e  canzoni. Così in “Sani!” ogni storia e ogni canzone raccontano qualcosa, alcuni temi si intrecciano  ma la trama resta leggera come deve essere in un concerto. Il filo conduttore è autobiografico, nelle sue storie Paolini racconta momenti di crisi piccoli e  grandi, personali e collettivi che hanno cambiato il corso delle cose. Le crisi raccontate come  occasioni, a volte prese al volo, altre volte incomprese e sprecate. Si parte dai temi di fondo della crisi climatica e della transizione ecologica.  Si parte e si finisce con due storie già narrate ne La Fabbrica del Mondo, il progetto di Marco  Paolini e Telmo Pievani trasmesso da Rai3 a gennaio 2022.  Si parte dal racconto sul peso del benessere (l’Artificiale) in rapporto al peso della biomassa (il  Naturale).

Sulla scena un enorme castello di carte mostra la fragilità dell’equilibrio di ogni sistema  ecologico, naturale o artificiale, ma la prosa del racconto televisivo a teatro si fa ballata,  permette salti e capriole. In una rapida successione di racconti Paolini narra della crisi della guerra fredda che ebbe come  protagonista Stanislav Petrov e del fine settimana in Islanda, a Höfði, che cambiò le sorti del  mondo, di Gemona e della Rosina, dell’uomo più solo del mondo, del peso delle cose, del lockdown del 2000 e dello sforzo necessario per costruire un progetto per il futuro. Il racconto iniziale e quello finale, Cattedrale, sono coerenti con il pensiero guida de La Fabbrica del Mondo: non basta avere consapevolezza, in una crisi servono coraggio e immaginazione, perché tornare a prima non si può, desiderarlo è umano ma non è utile, né pratico.

“Le crisi sono sul fondo – spiega Marco Paolini – sono elementi della quotidianità che non trovano spazio nella nostra  agenda, non sono emergenze che si chiudono, ma fasi. Conta come ce la raccontiamo: c’è chi dice  “lo so già”, chi non ha voglia di ascoltare. A teatro devi essere attento a trasformare questi temi  in qualcosa che abbia un appeal. Io ci provo con ironia, con canzoni e racconti, personali,  condivisibili. Provo a far capire che quando sei a un bivio, hai sempre una scelta”.

“La musica in un teatro tra parentesi è suggestione veloce, capace di creare contrasto e raccordo, oltre che, come sempre negli spettacoli di Marco, elemento drammaturgico a sé, in grado di  partecipare attivamente alla narrazione”, affermano Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi. Inizialmente, in piena emergenza covid, ci siamo sforzati di scrivere canzoni che potessero  alleggerire il peso di quei momenti, che fossero anche capaci di raccontare e condividere la  difficoltà di quei mesi. Nel tentativo di comprendere quello che ci stava succedendo o forse  semplicemente perché una criticità raccontata e condivisa fa meno paura. Oggi tutto ciò sembra già lontano e passato, ma cantare “tutto andrà bene, i lenzuoli attaccati  alle ringhiere” rimane un esercizio di memoria breve forse doveroso. Per il resto la musica si stacca dalla cronaca e segue la narrazione su orizzonti più ampi, melodie  semplici supportate da più voci e da ritmi incalzanti. Ci sono le sonorità della musica folk mischiate a influenze e stili provenienti da molto lontano. Perché forse la musica è già capace di raccontare un mondo che, sfortunatamente, esiste solo nei  nostri desideri, un mondo senza frontiere e capace di affrontare unito la sfida per la propria  sopravvivenza. No borders appunto”.

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