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Il vicepresidente della catalisi e dei processi di LyondellBaseel Gabriele Mei
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Il direttore del centro ricerche Giulio Natta Antonio Mazzucco
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L’ingegnere di processo Nicolò Arich de Finetti
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di Martin Miraglia
È pronta per essere impiegata su larga scala, dopo quasi tre anni di test e ottimizzazione al centro ricerche del Giulio Natta del petrolchimico di Ferrara, la tecnologia di LyondellBasell, MoReTec, per il riciclo chimico della plastica che permetterà di riutilizzare anche le plastiche non adatte al riciclo meccanico come quei composti plastici che sono un’amalgama di materiali diversi e che di conseguenza non possono essere semplicemente rimodellati in altre forme.
La presentazione dell’impianto pilota nel polo chimico ferrarese, avvenuta venerdì mattina, è nei fatti l’annuncio di una vittoria per la multinazionale americana, che aveva cominciato a lavorare al progetto nel 2018 e avviato la costruzione dell’impianto nel 2019, alla fine della quale ha testato le performance dei vari catalizzatori per arrivare a un modello di riciclo chimico efficiente su scala industriale, economicamente sostenibile e che ora è pronto per essere esportato: l’impianto sembra ora pronto per essere riprodotto nello stabilimento tedesco della società a Wesseling, dove potrebbe entrare in funzione tra il 2025 e il 2026.
“Nel corso degli anni abbiamo sviluppato le applicazioni materiali per i prodotti di tutti i giorni, e anche soluzioni per la gestione dell’acqua (ovvero le condutture, ndr) e per il settore automobilistico ed elettromedicale con dei ratei di sicurezza tra i primi al mondo”, dice il vicepresidente della catalisi e del processo industriale Gabriele Mei, “e con la circolarità delle materie plastiche tramite il riciclo chimico spezziamo i polimeri delle materie plastiche tornando ai modelli di partenza, alle materie prime che ci servono per creare plastiche”. “Va tenuto conto”, aggiunge Mei, “che come azienda produciamo 11 milioni di tonnellate l’anno, e vogliamo arrivare a produrne due milioni in questo modo entro il 2030. Al momento siamo a 175mila chili”.
“Lo sviluppo di MoReTec è stato veloce: abbiamo lavorato anche durante il periodo Covid e nel 2020 l’impianto pilota era già in operazione. Ora con con il ‘circularity lab’ continua la rider a su polimeri e catalizzatori che però si concentra sulla circolarità. L’industria parte dal rifiuto plastico, arriva al polietilene e al polipropilene e lo riusa cercando anche di migliorarne la qualità”, spiega il direttore del centro ricerche ferrarese Antonio Mazzucco facendo l’esempio di alcune valigie Samsonite, che con LyondellBasell aveva una collaborazione, “che avevano specifiche meccaniche superiori a quelle del prodotto vergine”.
Semplificando il tutto, si può dire che Il processo di riciclo della plastica è, teoricamente, abbastanza semplice e trova la sua complessità nella sua attuazione pratica, in scala e in economia. Una volta raccolto il rifiuto plastico (già da sé una grande sfida, in Europa ne viene raccolto meno del 50%), il riciclo può avvenire in modi, meccanicamente o chimicamente, un processo però più costoso.
Nel riciclo meccanico, la plastica deve necessariamente essere dello stesso polimero, e una volta separata e ‘lavata’ viene riscaldata per ammorbidirla ed infine le viene data una nuova forma e raffreddata. Nel riciclo chimico invece, almeno per quanto avviene nell’impianto ferrarese, la plastica viene ridotta a ‘flakes’, piccoli pezzetti che una volta pellettizzati vengono mischiati a dei catalizzatori di silicato di alluminio. Una volta aggiunta l’energia termica, a qualche centinaio di gradi, parte il processo di pirolisi che con un impatto ambientale essenzialmente nullo produce olio pirolitico e char, ovvero grossomodo carbone. Sia l’olio che lo scarto del processo pirolitico però hanno a loro volta usi possibili per il loro ritorno nel processo industriale: se l’olio, simile per composizione alla nafta, infatti può sia essere usato come combustibile industriale che inviato a un cracking per produrre etilene ed essere riutilizzato nella produzione di nuove plastiche vergini, il char può sia essere raffinato per produrre carboni attivi che mischiato nei composti per l’asfalto.
“Il nostro processo ha un vantaggio competitivo perché quando portiamo la cera alla temperatura di esercizio dei reattori diventa un liquido viscoso come l’acqua e possiamo facilmente scambiare calore con una pompa per movimentare questo fluido, è molto facilmente gestibile. Questo impianto poi gestisce fino a dieci chili l’ora di plastica consumata, e riusciamo a produrre fino a otto chili di olio pirolitico”, conferma Nicolò Arich de Finetti, ingegnere di processo che ha progettato l’impianto pilota alla LyondellBasell, che a Ferrara impiega circa 900 persone delle quali 400 nell’area ricerca e sviluppo.
“Ora siamo in una fase nella quale abbiamo dall’impianto pilota tutti i dati che ci servono per progettare un impianto industriale, che abbiamo fatto, e stiamo correndo per l’industrializzazione di questa tecnologia che abbiamo realizzato in questo centro ricerche. Ed è importante perché il riciclo chimico può e deve essere complementare al riciclo meccanico per aumentare la frazione di riciclo. La nostra tecnologia cerca di essere la più efficiente possibile sfruttando tutte le competenze che da quasi 70 anni fanno la forza di questo sito, dalla catalisi all’ingegneria alle operazioni di processo”, conclude Mei.
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