Salute
18 Marzo 2023
Un incontro per fare il punto sulle indicazioni, controindicazioni delle vaccinazioni e per individuare il supporto vaccinale nella popolazione dei pazienti nefropatici. Così, l’appuntamento “Protocolli vaccinali per patologie nefrologiche”, è stato l’occasione per dibattere sul tema

Un incontro per discutere delle vaccinazioni nei pazienti nefropatici

di Redazione | 4 min

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Un incontro – dedicato a nefrologi, igienisti, personale sanitario e studenti in formazione specialistica – per fare il punto sulle indicazioni, controindicazioni delle vaccinazioni e per individuare il supporto vaccinale nella popolazione dei pazienti nefropatici. Così, il mese scorso, presso l’aula didattica dell’ospedale di Cona, l’appuntamento “Protocolli vaccinali per patologie nefrologiche”, è stato l’occasione per dibattere su questo interessante tema.

Hanno aperto i lavori la dottoressa Annalisa Califano (responsabile dell’unità operativa Prevenzione e Controllo delle Malattie Trasmissibili e Vaccinazioni in età pediatrica e adulta – PCMTV) e la professoressa Alda Storari (direttrice dell’unità operativa di Nefrologia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Ferrara) che hanno illustrato l’importanza dell’incontro per definire i percorsi vaccinali in una popolazione fragile come quella dei nefropatici. “L’augurio – ha detto Storari – è quello di consolidare la collaborazione già esistente con l’azienda Usl con percorsi e precise indicazioni, ma anche per avviare un punto vaccinale presso l’ospedale di Cona proprio per i pazienti affetti da malattie croniche – già in follow-up – presso i vari ambulatori dell’Azienda”.

Il primo intervento è stato della dottoressa Mariangela Annaloro, nefrologa all’ospedale di Cona, che ha illustrato le caratteristiche del paziente affetto da malattia renale cronica. Si tratta di un paziente per lo più anziano con età media superiore a 65 anni, generalmente con altre patologie (in genere diabete, ipertensione, dislipidemia con malattia aterosclerotica). Le vaccinazioni sono sempre importanti, ma lo diventano ancora di più mano a mano che l’insufficienza renale progredisce verso lo stadio 5, quando per il paziente si rende necessaria la terapia sostitutiva (dialisi o trapianto).

Le particolari criticità del paziente in dialisi e di quello portatore di trapianto renale sono state affrontate, rispettivamente, dal dottor Alessio Di Maria e dalla dottoressa Laura Scichilone (nefrologi del Sant’Anna) nei due interventi successivi.

“In quanto nefropatico cronico, il paziente dializzato porta con sé uno stato di immunodepressione – continua Storari – che si aggrava con l’avanzare della nefropatia, come conseguenza dello stato infiammatorio già presente, del quasi invariabile stato di malnutrizione e delle eventuali terapie farmacologiche adottate per il trattamento della malattia renale (ad esempio i farmaci immunosoppressori, in caso di glomerulopatia). A differenza del paziente in terapia conservativa, poi, quello in terapia emodialitica extracorporea si sottopone regolarmente a un trattamento “ambulatoriale di gruppo”, frequentando settimanalmente (da una a tre volte) le sale di dialisi e i mezzi di trasporto assistenziali sfruttati per lo spostamento da e verso il domicilio. Inoltre l’utilizzo comunitario delle medesime apparecchiature (i monitor da dialisi) e la condivisione del personale assistenziale aumenta il rischio di trasmissione delle malattie infettive tra i pazienti dializzati. La vaccinazione rappresenta, pertanto, un momento fondamentale per la protezione individuale e della collettività, comprensiva dei pazienti e del personale assistenziale”.

Il follow-up del paziente portatore di trapianto renale, invece, è gestito in un percorso mirato di Day Hospital. La terapia immunosoppressiva necessaria per garantire un buon funzionamento dell’organo trapiantato, espone questa tipologia di paziente ad un maggiore rischio infettivo. Lo stato di immunodepressione limita, d’altra parte, un’adeguata risposta allo stimolo vaccinale. Per tali ragioni, il paziente trapiantato renale deve essere sensibilizzato dal nefrologo di riferimento, con la collaborazione dell’igienista territoriale, all’esecuzione delle vaccinazioni previste. Aspetto fondamentale rimane senza dubbio quello della prevenzione: il percorso vaccinale, salvo le vaccinazioni indicate annualmente nelle stagioni epidemiche, dovrebbe essere completato già durante il percorso di inserimento in lista per trapianto renale.

Irene Guarnelli, coordinatrice dei centri di assistenza limitata di dialisi presso l’ospedale del Delta, della Casa della Salute di Copparo e della Casa della Salute San Rocco di Ferrara – ha trattato il ruolo educativo dell’infermiere nell’ambito della prevenzione, con particolare riguardo alle vaccinazioni. In un percorso nefrologico che evolve verso l’insufficienza renale cronica, il luogo di cura dove l’utente passa ripetutamente molto tempo è la sala dialisi.  Ed è il luogo dove si instaura un legame di fiducia tra infermiere e paziente, dato da una conoscenza graduale, a lungo termine, reciproca.  La sala dialisi è il luogo adatto per educare alla salute e alla prevenzione: l’adesione ai vaccini raccomandati e alle campagne vaccinali è parte determinante del percorso di presa in carico dell’utente.

Infine, Roberta Carfora dell’Unità Operativa Igiene Pubblica del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL di Ferrara, ha illustrato i protocolli vaccinali per i pazienti nefropatici fortemente raccomandati dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017 – 2019. La professionista ha sottolineato quanto le infezioni rappresentino una delle principali cause di morbilità e mortalità nei soggetti con insufficienza renale cronica, in dialisi, e nei pazienti portatori di trapianto renale. Nel suo intervento ha messo inoltre in evidenza quanto la prevenzione delle malattie infettive prevenibili con vaccino rappresenti una priorità in ambito di sanità pubblica, ancor di più per tali soggetti. Ha posto altresì l’accento sull’importanza delle vaccinazioni degli operatori sanitari e dei familiari/care-giver che sono a stretto contatto con i soggetti fragili al fine di ridurre il rischio di malattia infettiva nei loro confronti.

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