Cronaca
3 Marzo 2023
La procura aveva chiesto 14 anni. La Corte di Assise ha assolto Franzolin per incapacità totale

Omicidio di via Ghiara. Un verdetto e tanti dubbi

di Marco Zavagli | 4 min

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Stefano Franzolin in tribunale

Assolto dal reato di omicidio perché non imputabile. Stefano Franzolin quando ha soffocato la madre era totalmente incapace di intendere e volere al momento del fatto. Franzolin verrà sottoposto, come misura cautelare dovuta alla sua pericolosità sociale, in una Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) per almeno dieci anni.

L’imputato viene assolto con formula piena invece dall’accusa di utilizzo indebito del bancomat perché il fatto non sussiste.

È il verdetto della Corte di Assise di Ferrara sul matricidio di via della Ghiara. E quel verdetto è forse l’unica cosa chiara in una vicenda che presenta ancora diverse incognite.

Incognite, o dubbi, che aleggiano anche nella requisitoria del pubblico ministero Ombretta Volta, che pure chiede 14 anni di reclusione. La stessa pm confessa che all’inizio Franzolin “non viene arrestato subito perché le modalità del decesso avevano un margine di dubbio”. Di più: “Avevamo il sospetto che volesse accollarsi la responsabilità di una morte naturale”.

Un dubbio dato dal fatto che la madre, Alberta Paola Sturaro, 75 anni, era stata trovata sul letto in una posizione composta, che “faceva sembrare che la donna fosse solo assopita”. Anche i carabinieri diranno che “era la posizione di una persona addormentata. Coperta dalla trapunta, il viso apparentemente rilassato… Lo stesso medico legale, sul posto, dice che i segni di violenza sul corpo sono veramente pochi. Solo un esame più rigoroso permetterà di vedere i segni sul volto compatibili con un soffocamento”.

L’omicidio viene scoperto attorno alle 7 di mattina, quando il fratello Alessandro nota che la madre non scende a fare colazione. Scende invece Stefano che lo guarda, si aggira per la cucina e prende un pentolino. “Alessandro – ricostruisce la pm – dice in un secondo momento che glielo sbatte sulla testa. La sorella ai carabinieri, il giorno stesso, aveva detto che si erano rincorsi attorno al tavolo e lo aveva colpito leggermente sulla spalla”.

Alessandro capisce che qualcosa non torna e chiede “l’hai ammazzata?”. “Sì, no…” balbetta Stefano. Alessandro apre la porta e la trova. Sveglia Sonia. Lei si accorge della mano fredda della madre e le si stende di fianco.

Nei due interrogatori (il primo in caserma, il secondo in tribunale) l’imputato “prima dice che ha manifestato l’intenzione di scrivere la lettera. Ed è lì che chiede l’assistenza dell’avvocato Alberto Bova (oggi suo difensore, ndr). Nel secondo interrogatorio dice che tutto quello che ha scritto lo ha fatto sotto dettatura di Sonia, che non voleva conseguenze sul resto della famiglia per quello che Stefano aveva fatto”.

Poi i due fratelli gli chiedono di mostrargli come funziona la caldaia e altre cose domestiche. Nessuno chiama il 118 o le forze dell’ordine. Per ore. Fino alle 10.15, quando contattano Bova.

I dubbi del pm non si dipanano nemmeno quando Franzolin confessa per la prima volta. Siamo nella caserma dei carabinieri. “In quel periodo viveva un conflitto familiare che lui riconduce all’arrivo di Sonia, datato febbraio 2020”, spiega Volta.

Poi il momento topico: “Andavo su è giù per le scale – è quanto ha riferito Franzolin al magistrato -. Mia madre mi chiama e ricomincia la solita solfa. Mi rimproverava e mi ha detto ‘tu sei come tuo padre’. A quel punto non ci ho visto più. Sono entrato…”.

Ed è in quel frangente che la memoria si fa rarefatta.

Franzolin ricorda solo che “era buio”, che ha preso un cuscino e glielo ha messo sulla faccia. “Mamma continuava a parlare. Mi ricordo che ero sopra, a cavalcioni”. Ha reagito? “Sì, si è mossa un po’”. Quanto tempo è rimasto così? “Dieci quindici minuti”. Pm e polizia giudiziaria gli guardano le mani e c’è qualche segno. “Ci dice che sono i segni delle manette. Sulle braccia non presenta segni o graffi evidenti di difesa”.

Ma alla fine, riprende la pm Volta, “non si possono avere dubbi sulla responsabilità di Franzolin. I cuscini portano tracce del suo dna”. Il nodo è la sua capacità di intendere e volere al momento del fatto. “A parte la consulenza della difesa – continua la requisitoria -, che parla di totale incapacità, le altre concludono per una incapacità parziale. In particolare la perizia del giudice parla di capacità di intendere che sarebbe presente ma non quella di volere, di frenare un impulso”.

Alla fine la pubblica accusa chiede 14 anni per Franzolin, ritenendolo responsabile di entrambi i reati, quello di omicidio aggravato e di utilizzo indebito di carte.

La parte civile, rappresentata dall’avvocato Pierguido Soprani, ha chiesto un risarcimento di 500mila euro in favore di ognuno dei fratelli o, in caso di risarcimento inferiore, una provvisionale immediatamente esecutivo di 400mila euro per ogni parte civile oltre alle spese processuali.

La Corte deciderà diversamente, optando per la totale incapacità e, quindi, per l’assoluzione.

Le motivazioni, e magari i passaggi che scioglieranno gli ultimi dubbi, si sapranno tra 90 giorni.

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