
(foto MoniQue)
Sabato 11 e domenica 12 febbraio al Teatro Comunale di Ferrara torna Paolo Rossi con “Pane o libertà. Per un futuro immenso repertorio”.
Agile, dirompente, sfuggente alle definizioni di genere e duttile nell’allestimento scenico, Pane o libertà è il nuovo spettacolo di Paolo Rossi, che unisce stand up a commedia dell’arte e commedia greca, e sarà in scena a Ferrara al Teatro Comunale sabato 11 (ore 20.30) e domenica 12 febbraio (ore 16).
L’autore e attore Paolo Rossi, inoltre, assai legato alla città di Ferrara (e alla Spal), incontra il pubblico per raccontare lo spettacolo sabato 11 febbraio alle ore 12 al Ridotto del Teatro (ingresso libero).
Lo spettacolo mescola la figura del primo Arlecchino – quello che possedeva il biglietto di andata e ritorno per l’aldilà – a quella che fu poi una delle sue evoluzioni come intrattenitore popolare capace di spaziare dalle stalle al cabaret. Un teatro d’emergenza? Delirio organizzato? Serata illegale? Teatro di rianimazione? Comunque un teatro di domande.
«Il titolo l’ho ripreso da un libro, ma non vi dico qual è – racconta Paolo Rossi -. Lo trovo molto emblematico: si impone la scelta tra mangiare, vivere o avere la libertà. Ma oggi le parole “pane” e “libertà” hanno lo stesso significato di quando quel libro mi capitò tra le mani? Il pane ha lo stesso sapore di quei tempi? E oggi uno è libero di gridare “Abbasso la libertà”?». Il progetto intrapreso da Rossi comprende un tipo di azione teatrale ad alta valenza sociale.
“Giocando con l’illusione di mettermi sul palco – o su ciò che useremo come tale per bisogno o necessità – sia come attore, sia come personaggio e come persona, rievocherò i miei sogni lucidi, fatti di storie che aiutano a resistere, a scegliere tra il pane e la libertà, o a non scegliere proprio”, prosegue Rossi. “Sono storie di artisti che per fortuna ho realmente incontrato nella mia vita. I maestri Jannacci, Gaber, De Andrè, Fo e persino il fantasma della Callas; i comici del Derby e altri sconosciuti. Racconterò questi allegri morti che abitano l’interzona che li rende visibili solo a pochi cantastorie che li traducono agli umani”.
“Con l’aiuto dei miei amici saltimbanchi – prosegue -, parlerò di queste personalità fantasmagoriche e poetiche, non controllabili da nessun piccolo o grande fratello che con le loro narrazioni portano conforto, idee per lottare e speranza. Tutto qui. Senza osare più del dovuto nelle imitazioni e nelle parodie, giocando al contrario con le massicce dosi di visionarietà che la favola contiene di suo. Vorrei fare qualcosa che dia al mio essere chiamato comico una via di fuga verso un teatro sociale, nella poesia del buffo e della magia. Roba minima. Tanto per alzare le difese immunitarie del pubblico presente… o meno”.
Quel che pare un sottotitolo, Per un immenso futuro repertorio, in realtà è un complemento importante del titolo stesso. Una finestra che si aggiunge a quelle dell’improvvisazione, del coinvolgimento del pubblico, di irruzioni improvvise di ospiti a sorpresa, dove verranno riarrangiati o citati dei pezzi, monologhi, frammenti, momenti delle origini per farli rimbalzare come nuovi nel presente della serata.
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