Indiscusso
11 Gennaio 2023

Idolatria post mortem

di Marzia Marchi | 5 min

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“Un milione di persone in transito a Londra, oltre 2mila delle quali nell’abbazia di Westminster per dare l’ultimo saluto a Elisabetta II”. “Circa 50 mila le persone presenti in piazza San Pietro per i funerali di Joseph Ratzinger, Papa Emerito Benedetto XVI.” “Il Brasile ha dato l’ultimo saluto con 230mila persone presenti a Pelé”. “Lutto cittadino il giorno dei funerali di Gianluca Vialli” “Centinaia di persone, tra sportivi e tifosi, gremiscono piazza della Repubblica a Roma, al funerale di Mihajlovic”.

Che sia Regina o un Papa, seppur dimissionato da dieci anni, o un calciatore.. Centinaia, migliaia di persone apparentemente commosse che dedicano tempo, soldi e lacrime a persone che non hanno certo conosciuto direttamente. Persone che si lasciano intervistare esprimendo considerazioni melense e banali come solo si può fare quando esprimi commozione per una persona di cui l’unica cosa che sai è quanto hai letto o visto alla tv o sui social, insomma un personaggio!

E’ l’idolatria del nostro millennio. Un millennio pieno di contraddizioni insanabili che smuove persone da un capo all’altro del mondo per piangere una regina simbolo di un impero coloniale o per osannare un calciatore che è stato definito Re. Proprio i tre calciatori morti, per tristi coincidenze, in questo stesso periodo, si stanno rivelando nuovi inimmaginabil idoli per i quali chiunque sente di spendere parole di riconoscimento e affetto e tutti assurgono a più grandi di quanto fossero, non solo in senso professionale.

Ecco il punto, da morti son tutti buoni, bravi, grandi, umani, gioiosi, solari, caritatevoli, miti, leggende, un pezzo di noi! O di come vorremmo sentirci!

Queste grandi masse che non si mobilitano per salvare la vita: dei migranti che agognano di restare vivi, di coloro che si ribellano ai regimi dittatoriali, delle donne che sono martoriate da uomini violenti, dei soldati e dei civili che muoiono in guerre insensate… si muovono ex post. Post mortem, per commemorare ciò che in vita forse non hanno nemmeno apprezzato.

Strana società la nostra! Che non si stringe intorno a un Papa vivo che chiede la pace ma corre ad abbracciare un ex Papa morto che si occupava principalmente di teologia dogmatica, tematica ai più inaccessibile!

Mi piacerebbe sapere quanti di quelli che hanno affrontato un viaggio lungo l’intera penisola, o sono venuti da oltreoceano, per sfilare davanti alla bara dell’ex Papa morto si siano posti il problema di organizzare la propria conoscenza religiosa, ovvero di indagare il contenuto della propria fede, che sicuramente era quello che faceva Benedetto XVI, in quanto teologo, ma che non pare aver fruttificato sull’indole umana, la quale, anche in nome della fede, continua a compiere stragi di innocenti.

Che cosa va cercando questa umanità indifferente all’ingiustizia vivente nel rito delle esequie importanti? Cosa ha rappresentato la Regina morta che non lo fosse da viva?

Credo che purtroppo dietro la melensaggine da video ci sia anche tanta semplice voglia di apparire, di essere lì in quello che si ritiene un momento storico, l’unico modo per trovare un pezzetto di coinvolgimento nella Storia, indipendentemente dalla parte che si va recitando.

Non c’è religione, cultura o tradizione filosofica che non condanni l’idolatria e la figura dell’idolo. Eppure, l’uomo ne fabbrica continuamente di nuovi e ad essi, fatalmente, si consegna. Se l’idolo è qualcosa di negativo, di pericoloso perché l’uomo si comporta in questo modo? È forse stupido? La domanda se la pone il filosofo Silvano Petrosino, nel suo libro L’idolo. Teoria di una tentazione. Dalla Bibbia a Lacan.

Nell’era della ‘comunicazione globale’ che impone al globo una sola cultura tra le tante meravigliose che esso aveva in sé generato, quella dell’occidente vittorioso per meriti bellico-tecnologici, il Personaggio è strategico. Reso oggetto di culto di massa, gli è affidata ancora oggi l’efficacia del “confronto” democratico. L’idolatria del Personaggio genera uno ‘stato d’eccezione’ vivente con cui è impossibile identificarsi, se non narcisisticamente, impedendo quei processi interiori di autoaccettazione, autoironia e autocritica vitali nella costruzione di un organismo sociale sano […], scrive Monica Ferrando in un dialogo con lo psicanalista Sarantis Thanopulos sul blog di quest’ultimo.

Il Personaggio sta assorbendo la ‘persona’, l’equilibrio instabile, ma generativo, tra il nostro modo intimo, particolare di essere nel mondo e la maschera del nostro ruolo sociale, l’apparire nello spazio strutturato dal linguaggio. Abolisce la distinzione tra  pubblico e privato, tra  soggettivo e oggettivo e tra simbolo e cosa simboleggiata. È un ‘idolo’: parvenza, simulacro, fantasma. La sua adorazione lo costituisce come ‘eccezione alla vita’, replica Sarantis Thanopulos.

 Se poi è morto nulla può arrivare a disdire questa consacrazione!

Una strada molto insidiosa questa dell’idolatria postuma che apre la strada alla riscrittura della Storia, alla rivalutazione di quella umanità che si riscatta solo post mortem. Un’operazione che piace molto ai grandi manipolatori che gestiscono i media, i quali ci infarciscono di commemorazioni, siano esse di calciatori, papi o regine o defunti supposti patrioti, condendoci con le storie dei personaggi al solo fine di distogliere l’attenzione dalle persone, vive, reali, meno affettuose, geniali, solari, brave, buone e belle ma bisognose della comprensione della comunità. Quei poveri nascosti sporchi, brutti e cattivi, quei bambini nati dalla parte sbagliata del mondo, quelle donne nascoste e disumanizzate sotto i veli, quei giovani che reclamano libertà, quegli indigeni privati delle loro terre. Per quelle morti silenziose, nascoste, quotidiane, sbagliate, ingiuste vorrei vedere le masse scendere in piazza e compiere viaggi stancanti e costosi, per unirsi in un unico afflato di fratellanza. Troppo facile idolatrare i personaggi!

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