“Non aveva un letto, non aveva un tetto, non aveva scelta. Era lì per sopravvivere alle rigide temperature dell’inverno ferrarese”. Così anche il collettivo FerraraTransfemm si inserisce nel dibattito scaturito dal recente fatto di cronaca nel pronto soccorso pediatrico dell’ospedale di Cona, che il consigliere regionale Fausto Gianella (FdI) ha definito “inaccettabile”: un uomo senza fissa dimora ha trovato riparo per la notte e ha dormito sulle sedie del reparto.
Sulle parole di Gianella il collettivo non risparmia dure critiche. “Non è la prima volta in cui un fatto come questo, che mette in luce la mancanza di case popolari e di strutture di accoglienza, viene strumentalizzato per insabbiare il vero problema, per acuire la paura e la rabbia dei cittadini al fine di riversarla verso la vittima”, scrivono da FerraraTransfemm. Poi l’affondo: “In questa narrazione il corpo sembra perdere dignità perché non produce, venendo raccontato come disturbante, come corpo da spostare”.
Poi fanno un passo indietro nel tempo, a quando anche il sindaco Alan Fabbri denunciò “il bivacco dei nomadi in piazza Gobetti”: “Così la povertà viene trattata come pericolo pubblico e la narrazione sposta la narrazione sposta l’attenzione dal fallimento delle politiche abitative alla ‘terribile minaccia’ degli homeless che rischiano di rovinare il ‘decoro del nostro centro storico’”, scrive il collettivo.
Questa tendenza, secondo FerraraTransfemm, non sarebbe dunque una “questione di ordine pubblico”, bensì “funzione di classe dello Stato e delle istituzioni”, per cui l’uomo senza fissa dimora è un “corpo eccedente”, che non contribuisce al ciclo produttivo, che non produce e non consuma, “dunque inutile al capitale e perciò scarto sociale sacrificabile”. “Questo è il privilegio della classe dominante – aggiungono – che può permettersi di decidere chi ha diritto a un tetto, ai servizi, alla sicurezza, alla dignità, alla vita e chi no”.
“Tramite un’efficientissima propaganda, sono riusciti addirittura a convincerci che ci siano delle persone che meritano di essere rimosse, abbandonate e denigrate con Daspo urbani e sgomberi – proseguono le attiviste -, piuttosto che reintegrate con politiche abitative concrete. È bastato usare la paura, costruire il consenso sulla vulnerabilità altrui e trasformare il fallimento sociale e istituzionale in emergenza securitaria per rendere normale e accettabile che un sindaco dica pubblicamente che il decoro urbano viene prima della vita e della dignità di altri esseri umani”.
“Ma dormire sotto un tetto non è un crimine – concludono -: criminale è uno Stato che non garantisce un tetto a tutti. Criminale è chi, pur consapevole delle decine di migliaia di persone senza tetto e delle centinaia di persone che muoiono di freddo ogni anno, continua a parlare di sicurezza e decoro invece che di diritto all’abitare e di diritto alla vita”.
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