Goro
30 Dicembre 2025
Memoria, rinascita e arte a quattro mani nell'installazione che ha ottenuto il riconoscimento dall'assessore Giacomo Pandini

Goro ‘ritratta’ nel presepe. L’amministrazione omaggia la famiglia Telloli-Chiarelli

di Redazione | 2 min

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Goro. Ci sono opere che non nascono solo dalla tecnica, ma da una biografia interiore. Nella giornata della Vigilia di Natale, l’amministrazione comunale, rappresentata dall’assessore Giacomo Pandini, ha voluto portare il proprio riconoscimento ufficiale presso l’abitazione della famiglia Telloli-Chiarelli, custode di un’installazione che intreccia memoria personale e storia collettiva di Goro.
L’opera attuale è l’evoluzione matura di un sentimento nato quando l’autrice, Angela Chiarelli, aveva appena sette anni. Come raccontato durante la visita istituzionale, la scintilla scoccò grazie al dono di una zia: un piccolo presepe con casette le cui finestre erano coperte di carta velina.
“Quando mettevi le lucine all’interno, sembrava che ci fosse vita dentro quelle case. Ne rimasi affascinata, mi innamorai perdutamente. Era una sciocchezza, ma per me era tutto”. Una visione che Angela ha coltivato per decenni, trasformando il presepe in un rito dinamico: da bambina le statuine non erano fisse, ma compivano un vero “viaggio”, venendo spostate di un centimetro ogni giorno fino a raggiungere la capanna a Natale. Quella stessa vitalità oggi anima l’opera adulta.
Il salto di qualità, che ha portato l’allestimento alle attuali dimensioni monumentali, è stato reso possibile da una perfetta sinergia coniugale. L’amministrazione sottolinea il valore di questa collaborazione “a quattro mani”: se Angela è la mente creativa, il marito Adler Telloli ne è il braccio strutturale. È lui, infatti, a realizzare le complesse strutture in ferro, lo “scheletro” e l’impiantistica che permettono alla visione artistica di reggersi in piedi, dimostrando come l’arte necessiti di solide basi tecniche e di unione familiare.
C’è un cuore drammatico che pulsa dietro questa ricostruzione. Nel 2014, un incendio interessò una parte dell’abitazione, distruggendo anche il lavoro artistico di anni. Di fronte all’accaduto, la tentazione di arrendersi fu vinta da un dettaglio simbolico, quasi mistico: il ritrovamento, tra le macerie, di un angelo nero, carbonizzato dal fumo ma rimasto intero. “Ho detto: questo è un segno. O forse ho voluto interpretarlo io così”. Da quel reperto superstite è partita la rinascita, con l’utilizzo di materiali nuovi e più resistenti, simbolo della tenacia tipica della gente di Goro.
Il presepe di Angela è, infine, un atto d’amore verso il paese. Non vi sono rappresentazioni generiche: l’autrice ha ricostruito la “sua” Goro, rievocando i mestieri scomparsi e dando alle statuine i volti di concittadini storici che non ci sono più, affinché chi osserva possa riconoscere le proprie radici. Una cura del dettaglio che sfiora il virtuosismo: utilizzando pasta Fimo e materiali di riciclo, Angela ha modellato a mano ogni singolo elemento, arrivando a usare le pinzette per le ciglia per creare, uno ad uno, i minuscoli cappelletti della tradizione gastronomica locale.
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