Lettere al Direttore
27 Dicembre 2025

Serve cura per le pinete litoranee

di Redazione | 3 min

Egregio Direttore,

ho appreso con piacere che il consigliere Fausto Gianella ha presentato in consiglio un emendamento al bilancio regionale affinché la Regione si faccia carico di una manutenzione programmata delle pinete del territorio che si presentano in condizioni miserevoli. Mi auguro che la Regione abbia quella sensibilità che è mancata da vari decenni; il territorio regionale è ricco di aree boscate e pinetate che si presentano in grave disordine sia ambientale che vegetativo; pertanto rivolgo il mio sentito ringraziamento al consigliere Gianella per l’attenzione verso il problema.

Nel nostro territorio ferrarese, però, insiste anche un’altra importante realtà forestale che versa in pessime condizioni: parlo del Gran bosco della Mesola. Si tratta di una proprietà demaniale acquisita dall’ASFD negli anni cinquanta del secolo scorso. Tale proprietà, stranamente, è esclusa dai perimetri del Parco Regionale ed ha una sua storia, molto importante per tutto il territorio ferrarese, provenendo dai beni allodiali della famiglia d’Este, poi passati alla casa d’Austria e via via, fino al periodo dopo la prima grande guerra, quando la foresta, con i territori circostanti, divenne di proprietà della Società Bonifica dei Terreni Ferraresi fino, prima dell’acquisto da parte di ASFD, mentre i terreni agricoli furono espropriati, appoderati ed assegnati a cura dell’EDP, prima e ERSA, poi.

Fintanto che la gestione della foresta è stata nelle mani di SBTF la conduzione forestale era seguita con criteri imprenditoriali e l’impianto forestale vegetava in condizioni rigogliose:oggi le piante cadono e rimangono a terra a marcire, mentre i canali naturali che attraversano la foresta restano abbandonati alle bizzarrie della natura, pieni di tronchi caduti in acqua che impediscono la circolazione idrica e non vengono manutenuti. Il Ministero dell’Agricoltura negli anni settanta del secolo scorso, ha creato una R.N.I. e una R.N.O., forse pensando che facendone delle riserve le cose si sistemassero da sole creando quella “biodiversità” i cui uffici ne decantano l’origine dal legname marcescente da cui nascono fitofagi, funghi ed insetti, oggetto di approfonditi studi e convegni.

Abbiamo avuto la fortuna che nel corso del ventennio un esponente socialista locale, Antonio Mariano Buttini detto Monti, ha avuto molte attenzioni per questa foresta che egli amava: appena vi era un problema egli interessava il Presidente del Comitato Forestale Nazionale, Arnaldo Mussolini, il quale provvedeva a stretto giro di posta a dare disposizioni per gli interventi necessari. Oggi con internet i rapporti con la proprietà sono diventati più distanti e trascurati.

Sarebbe ora, nell’interesse della foresta, dell’ambiente ed anche dell’economia turisitica, che chi ha competenze provveda con criteri imprenditoriali e scientifici a prendersi cura di un bene che, lasciato abbandonato alle sole forze della natura sta decadendo sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista vegetativo. Addirittura, quello che era la peculiarità ed attrattiva unica del territorio, parlo del cervo nobile della Mesola, viene sottratto a questa foresta nella quale si è salvato a causa dell’isolamento e della particolare conformazione ambientale come specie unica di cervo italico, per andare a ripopolare l’Aspromonte.

Lucio Maccapani

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