Il cartellone che non salva nessuno
Un mio analizzante mi fa notare che sotto al mio studio sono appesi alle colonne dei cartelloni che recitano: “Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano”
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di Pierpaolo Scaramuzza
Venerdì 12 dicembre l’Italia si è fermata per lo sciopero: nello stesso giorno cadeva anche l’anniversario della strage di piazza Fontana.
Il 15 dicembre è invece l’anniversario di Giuseppe Pinelli. Questa seconda data ha una visibilità certamente minore rispetto all’anniversario della strage e nella manualistica di scuola media non trova spesso grande spazio.
Eppure la sua vicenda (convocato la sera stessa del 12 dicembre in questura, dalla questura non esce vivo) è rimasta impressa nell’immaginario collettivo ed è per forza di cose legata alla strage: anche per questo motivo lasciarla in ombra ci sembra ingeneroso.
Di seguito esponiamo per sommi capi alcune attività svolte negli ultimi anni con gli studenti di terza media, in occasione dell’anniversario del 15 dicembre.
Il percorso su Pinelli non può essere esclusivamente storico e in questo siamo facilitati dalla presenza di numerose fonti di ambito artistico/letterario/musicale.
Cominciamo dall’area artistica:
i disegni di Dario Fo dedicati all’arco di tempo 1969-1972 (dalle bombe di aprile alla morte di Calabresi) possono costituire un’ottima cornice introduttiva. I disegni sono estremamente semplici e ripercorrono alcuni fatti (la strage del 12 dicembre, l’arresto di Valpreda, la morte di Pinelli): il testo è formato generalmente solo da una didascalia e i disegni sono stilizzati ma chiarissimi. La fruizione di questi materiali è inoltre molto agevole: noi li abbiamo stampati, plastificati e ogni anno li esponiamo sulle pareti della classe.
La seconda tappa del percorso può riguardare l’area cinematografica:
Claudia Cipriani, Niccolò Volpati, Pino, vita accidentale di un anarchico (2019). È un documentario animato (con filmati e fotografie d’epoca), molto efficace. Alla visione del film si può affiancare anche la lettura di alcune parti della sceneggiatura (Milieu 2021).
Nell’area letteraria uno dei lavori più importanti è L’alibi del morto di Giovanni Raboni. Esce nella primavera 1970 ed è formato da una decina di quartine (non tutte semplici), delle quali si possono utilizzare con profitto almeno le prime.
Qui ci limitiamo a riportare la quartina di apertura: Giuda dice che l’alibi del morto era crollato: per questo il morto è sceso nel cortile. Ma l’alibi era buono; il morto riabilitato: nessuno dice che Giuda aveva torto.
L’anagramma del nome del questore (Marcello Guida) è solo il primo di una lunga sequenza di riferimenti estremamente critici nei confronti delle istituzioni.
Per i funerali abbiamo tre documenti significativi e qui le aree si mescolano: una pagina di Raboni, un testo più lungo di Franco Fortini e 4 disegni ancora di Fortini.
La pagina di Raboni è molto veloce e la riassumiamo in pochi punti: “c’è molta gente, ma non moltissima”; “silenzio e freddo”; estrema difficoltà nel raccontare la vicenda; si prova “tensione ma anche sfacelo e speranza”; “tutto è finito e quindi si può ricominciare”. Nessuno ha voglia di scherzare.
Il testo viene pubblicato a distanza di pochi mesi dalla morte di Pinelli nel lavoro collettaneo “Le bombe di Milano” (Guanda 1970); poi esce nel 1975 (con una leggera variazione) in Corrado Stajano, “Il sovversivo. Vita e morte dell’anarchico Serantini” (Einaudi 1975). La variazione tra le due versioni è minima ma significativa: mentre nella prima versione i compagni con cui l’autore è presente ai funerali vengono citati solo con le iniziali del cognome (F. e S.), nella seconda versione compaiono i nomi per esteso e sono Franco Fortini e Vittorio Sereni.
Arriviamo allora al resoconto di Franco Fortini: è un testo più lungo ma sembra tenere conto della pagina di Raboni. Si legge nel volume “L’ospite ingrato. Primo e secondo”, (Marietti 1985).
Il testo comincia dai funerali delle vittime di piazza Fontana (“gli assassinati”, li definisce l’autore): Fortini segnala subito la grande partecipazione e il freddo intenso. Poi passa al giorno delle esequie di Pinelli (sabato 20 dicembre). Tra l’altro sono pagine per noi suggestive perché nel 1969 Fortini insegna alle scuole superiori e c’è un richiamo preciso alla sua attività scolastica e al modo in cui parla delle esequie agli studenti (la mattina stessa segnala agli studenti che nel pomeriggio ci sarebbero stati i funerali, poi avverte che forse sarebbe meglio limitare la partecipazione. Ma si pente di aver espresso tanta cautela, perché forse ciò può incutere paura ai ragazzi).
Ai funerali non ci sono molte persone: forse molti sono stati fermati, così scrive, dalla paura. Cerca nella folla “Giovanni” e “Vittorio” (evidentemente Raboni e Sereni). Poco dopo Fortini raggiunge il Musocco: “faceva sempre più freddo”. Il funerale termina con i presenti che intonano l’Internazionale.
In chiusura scrive che con la strage di piazza Fontana e con “l’assassinio” di Pinelli (così si legge nel testo) “è davvero finita un’età”. E poi di nuovo un riferimento alla paura, vera cifra dell’epoca.
Di Fortini esistono anche quattro disegni (ora in Franco Fortini, “Disegni Incisioni Dipinti”, a cura di Enrico Crispolti, Quodlibet 2001). Sono disegni a penna biro nera, e acquarellatura grigia e rossa, oppure a penna biro nera e rossa, o ancora penna biro e matita. Li esponiamo regolarmente a scuola, sulla parete della classe.
Però l’opera di riferimento è Enrico Baj, “I funerali dell’anarchico Pinelli”. L’inaugurazione dell’installazione di Baj era programmata per il 17 maggio 1972 ma venne cancellata a causa dell’attentato a Luigi Calabresi, verificatosi la mattina stessa.
Nel 2012 la città di Milano ha ospitato una grande esposizione per “I funerali” nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale (in quella occasione “la finestra” dell’installazione era posizionata di lato). L’opera è stata esposta anche l’anno scorso nuovamente a Palazzo Reale, in una grande mostra per il centenario di Enrico Baj (il catalogo è “BajchezBaj”, Electa 2024).
Il percorso può concludersi esplorando l’area musicale (e ora abbiamo il repertorio curato da Enri Volta e Franco Schirone, “Pino Pinelli. Un racconto musicale”, Bruno Alpini 2024), l’arte del fumetto, oppure quella teatrale.
Partiamo dal teatro:
“Morte accidentale di un anarchico” è un testo che oggi viene rappresentato in tutto il mondo. La farsa di Dario Fo è un’opera di contro-informazione scritta e portata in scena a poca distanza dalla morte di Pinelli. È un lavoro affascinante per diversi motivi, qui ne segnaliamo solo due: il primo riguarda la genesi del testo (o meglio, il rapporto con una delle fonti principali: “L’ispettore generale” di Gogol’. Può essere efficace il confronto tra i due testi). Il secondo aspetto ancora più interessante, e maggiormente legato alla vicenda italiana, è il doppio finale del testo.
La prima versione si conclude con un’esplosione in questura, in una seconda stesura la scena dell’esplosione viene invece cancellata.
Per quanto riguarda l’area delle graphic novel usiamo Francesco Barilli, Matteo Fenoglio “La finestra”, Beccogiallo 2015. Nel testo, composto soltanto di 6 pagine, si vede Licia Pinelli intervistata da Barilli (è il gennaio 2008): in quella occasione la vedova gli ha descritto la notte del 15 dicembre, quando le venne comunicata dai giornalisti la notizia della morte del marito. L’immagine della “finestra” ricorre 30 volte nel testo (ora è la finestra di casa Pinelli, ora la finestra della questura). La finestra diventa una “finestra sulla storia”, come si dice a metà del testo, con un chiaro rimando al titolo del libro di Camilla Cederna (“Pinelli: una finestra sulla strage”).
Chiudiamo qui il prospetto dei testi utilizzabili a fini didattici: per altri spunti si può consultare Lucia Pessina “La morte di Pinelli. Iconografia di un anarchico 1969-1975”, (Quodlibet 2022).
Pessina dedica largo spazio all’opera “I Funerali” di Enrico Baj ma oltre a questa analizza numerose altre testimonianze iconografiche su Pinelli: fumetti, vignette, manifesti ecc. È proprio la mole immensa di materiali (decisamente eterogenei) a provare, secondo la studiosa, “il ruolo cruciale che la vita di un uomo comune ha rivestito per artisti e intellettuali di diverse generazioni” (p.11).
Ricordiamo le vignette di Roberto Zamarin su «Lotta Continua» (una dozzina nel 1970), i disegni di Dimitri Plescan (“Per la defenestrazione di G. Pinelli” e “Finestra”), il lavoro di Fabio De Poli “P&S (Pinelli e Salsedo)” del febbraio 1971, il quadro di Ernesto Treccani, “Un popolo di volti” (1975). Insieme a queste fonti Pessina analizza anche i lavori cinematografici (Elio Petri, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, 1970; Nelo Risi, “Materiale n.1 Giuseppe Pinelli”, Elio Petri, “Materiale n. 2 Ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli”).
Fin qui abbiamo affrontato esclusivamente l’ambito della cultura. Sul piano delle istituzioni il passaggio più importante risale a una quindicina di anni fa: il 9 maggio 2009, giorno della memoria per le vittime del terrorismo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha reso omaggio alla figura di Pinelli e lo ha definito “vittima di una improvvisa e assurda fine”. “Questa ferita”, ha proseguito Napolitano, non è “separabile da quella dei 17 che persero la vita a Piazza Fontana”.
L’attività didattica che abbiamo esposto è dettata da una motivazione molto semplice: si tratta di “sottrarre il suo nome alla rimozione e all’oblio” (per usare le parole di Napolitano).
Questo potrebbe essere uno dei compiti della scuola.
In foto: Dario Fo, “Quattro disegni sullo stragismo”, La Carmelina, Ferrara 2023.
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