di Chiara Baratelli*
Un mio analizzante, arguto e attento, mi fa notare che sotto al mio studio, in via Indipendenza a Bologna, sono appesi alle colonne dei cartelloni che recitano:
“Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano”.
Mi chiedo, come psicoanalista: che cosa produce un messaggio simile sul piano soggettivo? E soprattutto: si può davvero chiamare prevenzione?
Questo enunciato non apre domande, le chiude. Non responsabilizza, assegna posti.
Alla donna viene offerta un’identificazione immediata con la vittima. Non una donna che parla, desidera, si difende, sceglie, ma una donna definita dalla paura della morte. Ma una soggettività inchiodata alla posizione di vittima è una soggettività già colpita da una violenza simbolica. La prevenzione non dovrebbe restituire potenza, parola, possibilità? O davvero pensiamo che ricordare costantemente a una donna che potrebbe essere uccisa la renda più libera?
All’uomo, invece, viene attribuito implicitamente il posto del carnefice. Non l’uomo come soggetto diviso, interrogabile, responsabile, ma l’uomo come minaccia. Che effetto produce questo sul legame sociale? Davvero si pensa che la colpa generalizzata produca assunzione di responsabilità? La clinica ci insegna il contrario: produce difesa, ritiro, identificazione rigida o acting out.
Questa non è prevenzione. È una polarizzazione immaginaria che blocca il lavoro simbolico.
La prevenzione, se vuole essere efficace, dovrebbe introdurre complessità, non semplificazioni violente. Dovrebbe chiamare il soggetto a rispondere del proprio desiderio e delle proprie azioni, non assegnargli un’identità prefabbricata: vittima da una parte, assassino dall’altra.
Cosa ricava una donna da questo messaggio? La paura come identità.
Cosa ricava un uomo? La colpa come destino.
E quando il discorso sociale smette di interrogare i soggetti e parla al loro posto, anche se animato da buone intenzioni, smette di prevenire e comincia a riprodurre ciò che dice di voler combattere.
*psicoanalista lacaniana e sessuologa
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