Gentile Direttore,
ho letto che i vertici del Parco del Delta del Po, di recente, nel corso di un incontro pubblico a Comacchio, hanno presentato un “programma per orientare le politiche di conservazione e la salvaguardia delle specie” nel territorio del Delta del Po. Programma che si occupa di fenicotteri, delle tartarughe marine, testuggini terrestri, ibis, anfibi, pipistrelli e quant’altro, ma non dell’ambiente boschivo del Delta del Po; mi sembrerebbe una lacuna alquanto grave, perché lo stato delle aree boscate della nostra Regione mi sembra abbastanza compromesso, nonostante il Parco sembri non essersene ancora accorto.
Non voglio parlare della riserva demaniale Gran bosco della Mesola, che, stranamente, è esclusa dal perimetro del Parco, pur rappresentando un punto unico di biodiversità sia animale che vegetale, perché il suo stato miserevole grida vendetta al cospetto di scelte politico amministrative del passato. Basta percorrere la S.S. 309 per vedere il grave disordine vegetativo delle nostre pinete: però il Parco non lo ha ancora notato. Se poi andiamo in Veneto, sempre percorrendo la statale Romea, vediamo che il relitto di bosco Nordio, nei pressi della foce dell’Adige, si presenta meglio curato dalla Regione Veneto.
Allora il Parco emiliano romagnolo, perché non prende qualche lezione in materia dal Veneto, piuttosto che fare passerelle per politiche di salvaguardia di specie in gran parte non autoctone che, in taluni casi, creano anche grossi problemi alle aziende agricole del territorio?
Che richiamo turistico possono rappresentare i nostri boschi e le nostre pinete lasciati nel più completo stato di abbandono?
Ringrazio per la gentile attenzione, mentre mi è gradita l’occasione per inviare cordiali saluti.
Lucio Maccapani