Fentanyl, 16 casi in Regione. Piano pronto in caso di aumento
Solo 16 soggetti positivi al Fentanyl in Emilia Romagna su oltre 12mila screening effettuati dalla Ausl di tutta la Regione, compresa quella di Ferrara
Solo 16 soggetti positivi al Fentanyl in Emilia Romagna su oltre 12mila screening effettuati dalla Ausl di tutta la Regione, compresa quella di Ferrara
Fare il punto sulla diffusione dello spettro dei disturbi feto-alcolici (Fasd) in Emilia-Romagna e sulle politiche regionali di prevenzione, formazione, diagnosi e assistenza socio-sanitaria già attivate o in fase di programmazione. È quanto chiede Paolo Calvano,...
Un'iniziativa, che ha raccolto oltre 1,12 milioni di firme in tutta l’Unione Europea, che "rappresenta un importante segnale politico a favore dell’accesso ad un aborto sicuro, legale e supportato anche da un meccanismo finanziario di solidarietà comunitario"
"Una scelta grave". Così Davide Nanni (Pd) si fa portavoce di un pensiero che si può presumere vada oltre i dem e possa essere abbracciato da tutta l'opposizione, ma anche dai sindacati e dai numerosi lavoratori presenti al Consiglio comunale di venerdì 19 dicembre
Per la Corte dei Conti i compensi decisi dal sindaco Alan Fabbri per gli amministratori di Ferrara Tua non rispettano i parametri normativi e le esigenze di contenimento dei costi necessari a rispondere ai principi di trasparenza e di legalità
di Ilaria Baraldi*
A pochi giorni dalla “lista degli stupri” comparsa nei bagni di un liceo a Roma, raccapricciante esempio di quanto il nostro paese necessiti di educazione alla relazione con l’altro, specie per i maschi, la maggioranza consiliare a Ferrara ha approvato una mozione presentata dalla Lega a sostegno del disegno di legge del Ministro Valditara, che renderebbe obbligatoria l’autorizzazione scritta delle famiglie per le attività di educazione sessuo-affettive.
Poiché la destra accusa sinistra e femministe di essere ideologiche, partiamo dai numeri.
I recenti dati dell’osservatorio Fragilitalia del Centro studi Legacoop e Ipsos portano alla luce una realtà inquietante.
Se per il 78 per cento delle donne i femminicidi sono un’emergenza da fermare al più presto, tra i giovani il tasso di allarme scende al 63 per cento.
Se nella media nazionale il 10 per cento degli uomini ritiene giustificabile che un uomo picchi una donna, tra i giovani la quota sale al 15 per cento.
Mettere in rete o inviare ad amici foto esplicite di una donna (revenge porn), è ritenuto scusabile dal 33 per cento dei giovani. Minacciare di procurare dolore fisico a una donna che respinge l’uomo è ammissibile per il 34 per cento degli under 30. Lanciare contro una donna oggetti che possono ferirla è comprensibile per il 35 per cento.
Toccare, baciare o abbracciare una donna senza che lo desideri è una cosa che si può fare per il 33 per cento degli under 30. Inviare a una donna messaggi indesiderati e sessualmente espliciti è plausibile per il 33 per cento. Infine, fare commenti o scherzi a sfondo sessuale su una donna è tollerabile per il 54 per cento dei giovani.
La cultura che alberga in una parte dell’universo giovanile normalizza anche le forme più crude di controllo, di pressione psicologica e ricatto. Così per il 29 per cento degli under 30 si può impedire alla donna di uscire di casa; per il 37 per cento si può vietare alla donna di vedere e frequentare i suoi amici; per il 32 per cento si può seguire la propria partner quando esce di casa; per il 41 per cento si può controllare il cellulare, la mail o le telefonate; per il 37 per cento si può impedire alla donna di indossare alcuni capi di abbigliamento; infine, il 42 per cento si arrabbia se la propria compagna parla con altri uomini.
Il 15 per cento degli under 30 ritiene che in determinate circostanze (con sporadicità, per il comportamento grave della donna, per un raptus) sia plausibile tirare un pugno o un calcio alla propria partner in un momento di rabbia. Il 12 per cento ritiene ammissibile che il partner o il marito possa costringere a un rapporto sessuale la sua compagna. Il 9 per cento degli under 30 pensa che non sia profondamente sbagliato costringere ad un rapporto sessuale una donna sotto l’effetto di alcool o droga.
Il quadro dei dati rivela la presenza nel nostro paese di una profonda crisi educativa e di una pericolosa deriva culturale. Si è consolidato, in una parte delle nuove generazioni, un substrato culturale patriarcale che normalizza la prevaricazione e il controllo sul corpo e sulla libertà femminile, interpretandoli come espressioni accettabili della relazione.
A ciò aggiungiamo che tra i giovani under 25 le malattie sessualmente trasmissibili sono in preoccupante aumento: secondo il Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità i casi di gonorrea sono cresciuti del 50%, quelli di clamidia del 25% e quelli di sifilide del 20%. La causa principale risiede nel calo dell’uso del preservativo, che si attesta al 61%. Parallelamente l’età del primo rapporto sessuale è sceso tra gli 11 e i 13 anni.
L’OMS individua tra le cause principali la scarsa diffusione ed efficacia dell’educazione sessuale nelle scuole, il che evidenzia che la questione attiene alla sanità pubblica.
Negare ai ragazzi e alle ragazze il diritto di conoscere il proprio corpo, comprendere emozioni, capire cosa sia il consenso e il rispetto significa esporli a malattie e a rapporti disfunzionali.
Affrontare in radice questa emergenza sociale è compito di tutti, in primo luogo della scuola. Non farlo significa abdicare al ruolo fondamentale che le istituzioni hanno nell’educazione alle relazioni, nella decostruzione degli stereotipi di genere e nell’affrontare le cause profonde della violenza di genere e dei femminicidi.
Sbaglia chi crede che il compito educativo competa solo alla famiglia. Sbaglia per due motivi: il primo, evidente, è che non tutte le famiglie hanno gli strumenti culturali e affettivi e relazionali per affrontare compiutamente i temi in oggetto. Non si attenta alla sacralità della famiglia e del suo ruolo se la si guarda con onestà: basta che ciascuno di noi pensi alla sua esperienza personale e guardi alla sua rete di relazioni per ammettere che la varietà del modello educativo non permette un approccio uniforme e professionale.
Il secondo motivo è che l’educazione sessuo-affettiva non è un corso di buone maniere: l’«educazione al rispetto della donna» evocata dal ministro Valditara parla di comportamenti appropriati, ruoli maschili e femminili considerati naturali, di un rispetto che somiglia alla galanteria più che alla trasformazione culturale. Tutto ciò conferma gli stereotipi anzichè decostruirli e abbatterli.
L’educazione sessuo-affettiva completa (Comprehensive Sexuality Education) come richiesta dagli standard internazionali lavora invece sulle relazioni complesse: significa dare ai giovani gli strumenti per nominare ciò che si desidera e cosa no, per riconoscere confini e segnali d’allarme, per leggere le dinamiche di potere, affrontare stereotipi, linguaggi, identità di genere, orientamenti sessuali, rappresentazioni dei corpi, emozioni.
La scuola, inoltre, svolge il ruolo democratico di offrire a tutti e tutte, senza distinzione, questi strumenti.
Ignorare le evidenze scientifiche è una precisa scelta politica, questa sì, ideologica, che sacrifica sicurezza e formazione in nome di un vuoto perbenismo.
*Portavoce Conferenza Donne Democratiche Ferrara
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