La rassegna “Storie del vecchio anno” torna a Ferrara
Torna a Ferrara “Storie del vecchio anno”, l’iniziativa si svolgerà nei pomeriggi del 27, 28 e 29 dicembre presso il Consorzio Factory Grisù
Torna a Ferrara “Storie del vecchio anno”, l’iniziativa si svolgerà nei pomeriggi del 27, 28 e 29 dicembre presso il Consorzio Factory Grisù
Sarà la 'Frescobaldi Big Band' la protagonista delle serata in musica di venerdì 19 dicembre, alla Bassani, per la rassegna "Racconti Erranti"
Oggi, giovedì 18 dicembre al Teatro Comunale, in occasione del “Concerto di Natale”, torna l’Accademia Bizantina nella stagione di Ferrara Musica
Un viaggio vibrante nel cuore del Gospel natalizio sarà il "Concerto della Gioia" che si terrà venerdì 19 dicembre in Ariostea dalla Ferrara Gospel Choir Academy
L'ensemble Tellkujira si esibirà venerdì 19 dicembre, alle ore 21.30, al Jazz Club
La rassegna “The Big Dreamer – Il cinema di David Lynch” si chiude martedì 23 dicembre, alle 21, in Sala Estense con un programma di corti che attraversa trent’anni di invenzioni: dagli esperimenti universitari alle derive web, tra animazione, performance, video e televisione. Una mappa compatta per capire come nascono le immagini di Lynch: il suono come allarme, il corpo come enigma, la gag come corto circuito del reale.
Il percorso si apre con Six Men Getting Sick (Six Times) (1967), un ‘animazione dipinta di quattro minuti in loop: sei figure, una sirena, il disgusto che diventa metronomo visivo. È il primo film di Lynch e già un manifesto di poetica.
Seguono The Alphabet (1969), incubo sillabato che mette a nudo l’alfabeto come dispositivo d’ansia, e The Grandmother (1970), favola nera in cui un bambino “coltiva” una nonna per salvarsi da un ambiente ostile: stop-motion, live action e suono lavorano come materia tattile.
Con The Amputee – nelle due versioni, girate per testare diversi supporti video – Lynch mette in scena Catherine Coulson che scrive una lettera mentre una medicazione degenera in perturbante slapstick. È un esercizio minimo, ma decisivo, sul rapporto tra gesto, rumore e visione.
Arrivano poi gli anni del set “a consegna”: per Lumière (1995), il contributo di Lynch al progetto “Lumière et compagnie”, il regista usa la storica macchina dei fratelli Lumière per una breve, sinistra scena di polizia e famiglia, in The Cowboy and the Frenchman (1988) gioca con gli stereotipi culturali in chiave farsesca, anticipando certe pieghe grottesche di Twin Peaks.
Chiusura con Dumbland (2002), otto micro-episodi d’animazione grezza, scritti e doppiati dallo stesso Lynch, dove la violenza quotidiana è ridotta all’osso e l’assurdo si fa cartone rantolante. Una risata che raschia, volutamente “povera” nella linea e nel suono.
Non è un “contorno” a Mulholland Drive: è l’officina. Qui si vede come Lynch costruisce i suoi strumenti – ritmo, rumore, off, maschere – e come li porta poi nel lungo. Un’occasione rara di riascoltare all’origine il suo lessico.
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