Politica
18 Dicembre 2025
Presentata un'interpellanza per sollecitare modifiche al documento. L'assessora Conti: "Manca il coraggio di inserire come materia scolastica l'educazione sesso-affettiva con linee guida nazionali"

Calvano (Pd): “Il Governo vuole riportare la scuola indietro di decenni”

di Redazione | 3 min

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«Siamo di fronte a un’operazione politica gravissima: le cosiddette nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo non sono un semplice documento tecnico, ma un vero e proprio manifesto ideologico della destra al governo, che tenta di piegare la scuola pubblica a una visione autoritaria, selettiva e fuori dal tempo».

Lo dichiara Paolo Calvano, capogruppo del Partito Democratico in Regione Emilia-Romagna, a seguito dell’interpellanza presentata per chiedere alla Giunta regionale di attivarsi formalmente contro il testo ministeriale.

«Lo scorso marzo – ricorda Calvano – il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato le nuove Indicazioni nazionali che dovrebbero entrare in vigore dal 2026/27. Da allora si è levata una protesta praticamente unanime da parte del mondo della scuola, delle associazioni professionali, dei genitori, degli studenti e dei sindacati. Un dissenso ampio, motivato e trasversale che il Governo ha scelto deliberatamente di ignorare».

«Nonostante qualche ritocco, il giudizio è sul testo è stato prima sospeso dalla Corte Costituzionale, poi accolto con enormi riserve – prosegue Calvano – È un fatto politico enorme, che certifica la fragilità e l’impostazione sbagliata dell’intero impianto».

Nel merito, l’accusa è durissima:

«Queste indicazioni propongono una scuola che torna indietro: una scuola in cui si reintroduce il latino alle medie come simbolo di selezione sociale, in cui si vorrebbe far studiare solo la storia occidentale cancellando complessità, pluralismo e spirito critico, in cui bambini e bambine vengono catapultati fin da piccoli in una dimensione di competizione permanente. È l’idea di una scuola che divide, che classifica, che esclude».

«È altrettanto grave – incalza Calvano – che l’educazione sessuale e affettiva venga trasformata in un tabù. In un Paese attraversato da fenomeni drammatici di violenza di genere, bullismo e disagio giovanile, il Governo sceglie di voltarsi dall’altra parte, negando alla scuola il compito di educare alle relazioni, al rispetto e alla consapevolezza».

Il problema, sottolinea il capogruppo Pd, riguarda anche e soprattutto chi ogni giorno vive la scuola:

«Il testo colpisce duramente il corpo docente. Viene attaccato il principio di autonomia degli insegnanti, ingabbiando le attività di insegnamento in una visione centralista e burocratica. È un’offensiva contro la libertà educativa, contro la professionalità dei docenti e contro l’autonomia scolastica, che è invece uno dei pilastri della qualità del nostro sistema educativo».

«Questa non è la scuola della Costituzione – conclude Calvano – non è una scuola che emancipa, che include, che riduce le disuguaglianze. È una scuola che guarda al passato e che tradisce il futuro delle nuove generazioni. Come Partito democratico continueremo questa battaglia nelle istituzioni e nel Paese: perché la scuola pubblica non è terreno di propaganda ideologica e non permetteremo che venga smantellata pezzo dopo pezzo».

Ha risposto l’assessora alla Scuola Isabella Conti: “Il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole con riserva sottolineando la mancanza di analisi di impatto e di distinzione tra educazione generica e apprendimento. Altro punto di rilievo è sulle autonomie scolastiche: se c’è un approccio di accentramento anche sulle autonomie scolastiche rischiamo di non favorire l’inclusione. Manca il coraggio di inserire come materia scolastica l’educazione sesso-affettiva con linee guida nazionali. Abbiamo bisogno di una scuola che educhi alle relazioni e da parte della Regione il giudizio sul testo nazionale è critico”.

Calvano ha replicato: “Questo dibattito non si esaurirà per le tante ragioni sottolineate dall’assessora. C’è un attacco all’autonomia degli insegnanti e un approccio che pone i bambini e le bambine in continua competizione invece di garantire loro le stese opportunità”.

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