Dando seguito ad una mozione presentata da Alcide Mosso e approvata dal Consiglio Comunale nel 2024, è stata finalmente posizionata, nell’area antistante il baluardo di San Paolo una targa a ricordo di don Pietro Zanarini, fucilato dai francesi nel 1798 – come se fosse un criminale – per aver abbattuto due “alberi della libertà” che erano stati piantati dai giacobini nel sagrato della sua chiesa di Vargnana (frazione del comune di Castel San Pietro Terme).
La targa, inaugurata venerdì 12 dicembre, recita testualmente : “In memoria di Don Pietro Maria Zanarini, qui giustiziato sotto l’occupazione napoleonica il 28 luglio 1978”.
Mi sembra che il testo sia sbagliato e reticente, Come dice il vocabolario Treccani il primo significato del verbo giustiziare è il seguente : “sottoporre qualcuno a esecuzione capitale in seguito a regoara condanna a morte”. Gli esempi, riportati dal predetto vocabolario sono:
“giustiziare un criminale” e “i due traditori furono giustiziati all’alba”.
Ma la sentenza di morte a carico del povero don Zanarini non ebbe nulla di regolare e la sua esecuzione non fu certo un atto di giustizia.
A parte l’uso del verbo “giustiziare”, quanto meno ambiguo e improprio, chi legge la targa non capisce il motivo per cui il sacerdote venne fucilato e può pensare che avesse commesso chissà quali reati contro la “liberté” esaltata – a parole – dai soldati di Napoleone e dai loro sostenitori domestici.
Sarebbe stato meglio scrivere sulla targa che don Zanarini venne fucilato (non giustiziato) dai francesi in odio alla religione o almeno che fu un martire della libertà.
Nell’articolo apparso su “ConacaComune” (https://www.cronacacomune.it/
Se le targhe commemorative servono a ricordare correttamente gli eventi, mi sembra che quella inaugurata in pompa magna alla presenza dell’assessore Gulinelli non sia adeguata allo scopo.
Se io fossi un giovane o un passante mi chiederei infatti “Ma chi era questo don Zanarni? E perchè venne “giustiziato”?
Scegliendo termini maggiormente consoni e utilizzando due parole in più si sarebbe reso pieno onore alla memoria del sacerdote, evitando diciture ambigue che non sono utili a ricostruire gli eventi in maniera corretta e lasciano dubbi al passante che legge e fatica a comprendere i motivi per cui si è deciso di commemorare – come NON si evince dalla targa – una vittima dell’odio giacobino supportato e alimentato dagli occupanti francesi. Francesi che – fra l’altro – trasformarono la nostra Certosa in una caserma di cavalleria e nel 1799, in località Buttifredo (nei pressi di San Martino), si abbandonarono a eccessi d’ogni genere, depredando il paese e uccidendo trentuno persone, come ci ricorda una lapide posta nel luogo diciannove anni or sono.
Guido Cavallini