Politica
12 Dicembre 2025
L'intervento di Valerio Aldighieri, attivista del Partito Democratico, dopo la decisione dell'amministrazione comunale di intitolare uno spazio pubblico al militante del Fronte della Gioventù

“Sergio Ramelli e l’uso politico della memoria”

di Redazione | 2 min

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di Valerio Aldighieri*

Ferrara decide di intitolare uno spazio pubblico a Sergio Ramelli, ma il problema non è Ramelli, il problema è l’uso politico della memoria.

Questa operazione dell’amministrazione comunale è puro marketing identitario, una nemmeno troppo velata intenzione di marcare il territorio.
L’ennesimo esempio di come la destra al governo della città, trasformi la storia in strumento di parte.
Sergio Ramelli fu una vittima della violenza politica degli anni ’70: nessuno lo nega, nessuno lo minimizza. Ma scegliere di ricordare solo alcune vittime, sempre le stesse, sempre funzionali a una narrazione politica, è una distorsione della memoria pubblica che dovrebbe invece essere pluralista, inclusiva e onesta.
La verità è semplice, non si costruisce una cultura democratica selezionando le tragedie utili e ignorando quelle scomode.
La Commissione Toponomastica, spinta dalla proposta del vicesindaco Alessandro Balboni, usa una vicenda dolorosa per lanciare un segnale politico preciso: ribadire l’identità ideologica di chi governa la città.
E farlo proprio davanti alle scuole, con l’intento dichiarato di “sensibilizzare gli studenti”, suona come una lezione di storia monca, costruita a tavolino, una sorta di lezione obbligata di storia filtrata, quasi un’indottrinamento ideologico, invece che un invito alla riflessione critica.
E allora perché non dedicare uno spazio anche a Valerio Verbano? A Giorgiana Masi? Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci? A tutte le vittime, tutte, non solo quelle che fanno comodo alla propria parte?
Farlo proprio davanti agli studenti, futuri elettori, con l’intento dichiarato di “sensibilizzare”, suona come una scelta deliberatamente politica, ideologica e parziale.
La memoria non è un campo di battaglia.
È un patrimonio comune, oppure non è nulla.
Questa scelta conferma anche come Ferrara stia diventando un laboratorio politico della destra, dove la gestione della memoria diventa strumento di identità e propaganda.
E questa scelta, spacciata per un invito al “rifiuto dell’odio”, finisce paradossalmente per alimentarlo: divide, seleziona, riscrive.
Una città che onora la storia davvero dovrebbe avere il coraggio di parlarne tutta, senza eccezioni. Non solo il pezzo che fa comodo all’assessore di turno.
*attivista Partito Democratico Ferrara
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