I numeri non mentono: rappresentano una base solida di discussione e argomentazione. Certo, possono essere interpretati, ma è ben diverso interpretarli o negarli.
E i dati del Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle province italiane – che, pur riferendosi all’intera provincia, per il peso del capoluogo sono tali da rendere il risultato rappresentativo anche della città – dicono una cosa chiara: Ferrara non sta migliorando. Anzi, perde terreno.
Siamo al 52° posto su 107, uno in meno rispetto allo scorso anno. Ultimi in Emilia-Romagna, molto distanti da Bologna, Parma e le altre. Solo Ferrara e Rimini arretrano rispetto al 2023. Un andamento confermato anche dalla rilevazione di Italia Oggi.
Luci e ombre nelle macro-categorie
Entrando nel dettaglio delle sei aree, emergono alcune luci, ma soprattutto ombre:
Demografia e Società: 63° posto (-17)
Cultura e Tempo Libero: 41° posto (-15)
Ricchezza e Consumi: 43° posto (-5)
Affari e Lavoro: 41° posto (+32)
Ambiente e Servizi: 56° posto (+14)
Giustizia e Sicurezza: 69° posto (-15), con un indice di criminalità che ci colloca al 92° posto in Italia per numero di reati ogni 100.000 abitanti
Quest’ultimo dato dovrebbe far riflettere, soprattutto chi governa la città da sei anni e mezzo e ha fatto della sicurezza il proprio cavallo di battaglia elettorale. Dopo un intero mandato e parte di quello in corso, non si può continuare a dare la colpa a chi c’era prima o all’immigrazione.
Se l’immigrazione fosse il fattore determinante, territori con dinamiche migratorie simili mostrerebbero dati analoghi. Il fatto che Ferrara sia in controtendenza ed in peggioramento indica che esistono criticità locali specifiche, che le politiche adottate non hanno saputo comprendere né risolvere.
Sicurezza e immigrazione
Il tema della sicurezza è reale e serio, ma affrontarlo solo con politiche repressive, senza prevenzione né integrazione, non funziona. Sono interventi effimeri, utili ai titoli ma inefficaci nella pratica e sulla “criminalità strutturale”.
E alimentano una pericolosa semplificazione: immigrati = delinquenza.
È una posizione che non aiuta nessuno. Furti, rapine e spaccio, per citarne alcuni, sono reati e vanno perseguiti indipendentemente da chi li commette.
E va riconosciuto che senza lavoratori stranieri molte attività si fermerebbero.
Lo confermano i numeri, non l’ideologia:
metà delle badanti è straniera;
oltre il 50% dei lavoratori agricoli stagionali, di chi lavoro nelle stalle e negli allevamenti è straniero;
molte professioni artigiane (muratori, imbianchini, ecc.) oggi sono coperti quasi esclusivamente da stranieri;
numerose aziende del territorio dipendono da lavoratori immigrati.
In questo contesto, l’Italia invecchia rapidamente: dagli attuali 59 milioni di abitanti si scenderà, secondo ISTAT, a 54,7 milioni nel 2050.
Se vogliamo una società giovane, servono sia più nascite e più integrazione, non muri ideologici.
La radice del problema: la povertà
Il problema non è l’immigrazione. È la povertà.
Lavori precari, case degradate, scarsa istruzione, assistenza sanitaria insufficiente: sono questo gli elementi ad alimentare disagio sociale e illegalità. Vale per italiani e stranieri.
Dobbiamo togliere le persone dalla zona grigia dell’indigenza, ridare loro prospettive, diritti, dignità e la possibilità di soddisfare almeno i bisogni primari: casa, lavoro, istruzione e sanità.
La vera sicurezza nasce da politiche concrete.
Servono investimenti, tempo e soprattutto un cambio di mentalità:
“non basta punire, bisogna prevenire; non basta controllare, bisogna includere.”
Tra propaganda e realtà
I dati del Sole 24 ore sulla qualità della vita sono chiari. Eppure oggi si racconta un’altra Ferrara:
“Ferrara rinasce… abbiamo cambiato in meglio la nostra città… più vitale, bella e attrattiva… al centro dell’attenzione nazionale.”
È propaganda.
Un esempio: lo studio UNIFE sull’indotto del concerto di Springsteen. In questi due anni il Sindaco e proseliti hanno sempre parlato di 10,3 milioni di euro – 11 milioni nella Commissione consiliare del 19 novembre –, quando lo studio indica chiaramente che circa 4,5 milioni sono spese di viaggio e trasporti – treni, autobus, ecc. -, i cui benefici certo non ricadono su Ferrara, con un indotto per la città che si riduce a circa 5,8 milioni.
Lo stesso vale per l’idea che, per ospitare una rockstar, il Comune debba sempre pagare senza ricevere contropartite. Si dimentica/ignora – o si finge di ignorare -, ad esempio, che nel 2017 il Comune di Modena, per il concerto di Vasco Rossi, ottenne dagli organizzatori – di Vasco – una fideiussione a garanzia dei danni e una quota sui biglietti venduti, senza erogare contributi pubblici.
Perché a Modena sì e a Ferrara no?
Anche questo è sintomatico: si preferisce il racconto alla realtà.
I dati non dicono che Ferrara sia “persa”.
Dicono però, con chiarezza, che la strada scelta finora non sta funzionando.
È tempo di guardare la realtà, non di proclami.
Francesco Vigorelli