Lettere al Direttore
22 Novembre 2025

Abusi di parole

di Redazione | 3 min

Un’urgenza emotiva nonché civica mi spinge a scrivere al Primo cittadino, nella veste di sindaco della città in cui vivo e lavoro come docente da sempre.

Otto persone, perché di queste stiamo parlando, coperte da cartoni e coperte forse nemmeno troppo pesanti, sono state “rimosse” senza un briciolo di umanità dallo spazio pubblico che occupavano con grande applauso, ahimé, di tanta parte della nostra cittadinanza.

I diseredati, coloro quindi che fanno parte della grave, insisterei se consentito sul grave, emarginazione adulta in Italia. Ossia “coloro che oggi, nel nostro paese, a causa di eventi biografici negativi scivolano verso la povertà estrema e la grave marginalità sociale, persone di ogni età, tra cui anche donne sole e vittime di violenza, padri separati, persone con problemi di salute fisica, mentale, di dipendenza, migranti che fuggono da guerre o che arrivano in Italia alla ricerca disperata di un lavoro”.

Vorrei lasciare da parte per questa volta la questione dei migranti.

Esistono da sempre, nella storia della umanità, persone che si trovano ad affrontare indigenza e privazione di quanto risulta fondamentale a mantenere una vita solo dignitosa.

“Nomadi bivaccatori”, così li definisce il nostro Sindaco che immediatamente interviene con un ordine di allontanamento della durata di 48 ore.

Non pago se ne fa gloria insieme a tutti coloro che evidentemente sono stati graziati dalla dura fatica del loro affare e del loro darsi da fare nella vita. E pubblica sui social imbarazzanti interventi che non mi includono, visto che Ferrara è anche la città dove sono nata, vivo da sempre e lavoro come educatrice.

“Ferrara non è una città per nomadi”.

No, no e ancora no.

Questa amministrazione fa da specchio ad una realtà di abusi di parole che non avranno mai il mio consenso.

E non solo parole ma anche un agire in direzione di scopi che non mi appartengono in quanto essere umano.

Cosa possiamo insegnare alle nuove generazioni se abusiamo di una parola tanto ricorrente quanto insignificante come “inclusione” dal momento che davanti alla miseria chi ci amministra non mostra nessuna preoccupazione, anzi coglie semmai l’occasione per fare propaganda ad un modello di “sicurezza” insensato e disumano?

Inclusione di chi?

Chi sono i diseredati di oggi? Soprattutto come è giusto comportarsi con costoro? I nomadi e i bivaccatori, chi sono? Ancora, cosa dovremmo dire ai nostri giovani quando parliamo di civiltà?

Mi illumini, se può.

Io posso solo rifarmi alle parole di Dostoevskij, il quale riferendosi alle periferie esistenziali dell’uomo, come malati, poveri e umiliati, appunto come le otto persone coperte da cartoni e allontanate con sanzione, scriveva “La sofferenza e il dolore sono sempre doverosi per una coscienza vasta e un cuore profondo”

E ancora sempre citando l’immenso autore e riferendomi alla sensazione che ho provato come essere umano “Io amo l’umanità, ma con mia grande sorpresa, quanto più amo l’umanità in generale, tanto meno mi ispirano le persone in particolare”.

Francesca Boari

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