A cinquant’anni dall’uscita di ‘Professione: reporter’, Ferrara celebra uno dei massimi capolavori di Michelangelo Antonioni con una mostra-dossier allo Spazio Antonioni. Una selezione di fotografie di scena di Florian Steiner – provenienti dall’Archivio Antonioni, acquisito e custodito dal Comune di Ferrara – accompagna la visione della sequenza conclusiva, che è considerata un caposaldo della storia del cinema.
Interpretato da Jack Nicholson e Maria Schneider, ‘Professione: reporter’ è uno dei film più intensi e attuali del grande regista ferrarese, per la capacità di aprire una finestra su un mondo globalizzato, privo di punti di riferimento. Il reporter David Locke, impersonato da Nicholson, si scontra con l’impossibilità di rappresentare obiettivamente la realtà e di attribuire un significato alle vicende di cui è testimone. Quando s’imbatte nella morte di un trafficante di armi, dall’aspetto molto somigliante al suo, coglie l’occasione per cambiare il proprio destino assumendone l’identità. L’illusoria fuga da se stesso spinge Locke ad errare tra l’Africa e le città europee – Londra, Monaco, Barcellona – in compagnia di una studentessa di architettura (Schneider) che incrocia sul proprio cammino. Il vagabondaggio si conclude a Osuna, in Andalusia, con l’inevitabile resa agli eventi.
Antonioni dedica a questo momento culminante un magistrale piano sequenza di oltre 7 minuti che viene riproposto allo Spazio Antonioni: la ripresa guida lo sguardo attraverso la stanza dell’Hotel de la Gloria, dove Locke attende la propria sorte, per poi uscire attraverso la fitta grata della finestra e osservare dall’esterno il tragico epilogo. Grazie a questo prodigioso movimento di macchina il pubblico vive uno spettacolare ribaltamento del punto di vista, dalla prospettiva soggettiva del protagonista all’osservazione mediata dei fatti, sperimentando in prima persona l’impossibilità di cogliere la sostanza della realtà.
Gli scatti di Steiner restituiscono frammenti del backstage di quello che Antonioni ha definito «la mia vera avventura», per il livello di complessità determinato tanto dalle ambientazioni, talvolta impervie, come il deserto sahariano, quanto dalla regia, che ha richiesto la messa a punto di dispositivi sofisticati. Il fotografo, amico del regista, accompagna con il suo obiettivo le tappe salienti del film, dagli scenari africani dove il panorama si perde all’infinito suscitando un senso di vertigine, alle geometrie sinuose delle architetture di Antoni Gaudí che sembrano alludere ai tortuosi intrecci del destino, fino all’assolata e polverosa piazza andalusa, tra l’arena e l’hotel, dove il cerchio si chiude.
Ammiratissimo sin dalla sua uscita, il film suscitò la commozione di Federico Fellini che in una lettera ad Antonioni lo definì «il più compiuto, il più puro, il più essenziale. Sincero fino a farmi provare imbarazzo». Nello stesso tempo, la riflessione sull’obiettività dei mezzi di comunicazione e la scelta di «lasciare la strada del senso sempre aperta», come osservò Roland Barthes, pone interrogativi che appaiono tuttora fertili.
Per approfondire il significato e sottolineare l’attualità di questo capolavoro del cinema, lo Spazio Antonioni ospita dal 27 novembre al 18 dicembre, ogni giovedì alle ore 17, un ciclo di conferenze a cura di Alberto Boschi, organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Ferrara nell’ambito del corso di Storia del Cinema, che vedono la partecipazione di Federico Pierotti (Université de Lausanne, 27 novembre, Attraversare lo spazio: visione e modernità in Professione: reporter), Agostino Cera (Università di Ferrara, 4 dicembre, Passeggeri di se stessi. Il disfacimento dell’identità in Professione: reporter e Uno, nessuno e centomila), Diletta Pavesi (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, 11 dicembre, Jack Nicholson e Michelangelo Antonioni: maschilità e performance in Professione: reporter) e Alberto Boschi (Università di Ferrara, 18 dicembre, Un political thriller “alla rovescia”: strutture e convenzioni di genere in Professione: reporter).
In occasione dell’apertura della mostra verrà inaugurata Michelangelo Antonioni’s Head, la scultura di Craig Redman che Slam Jam ha generosamente donato alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara e allo Spazio dedicato al maestro ferrarese. Il ritratto di Antonioni, realizzato nel 2011 in occasione del centenario della sua nascita e temporaneamente esposto presso il Castello Estense, è stato ora collocato nel giardino adiacente allo Spazio Antonioni, nel complesso di Palazzo Massari, andando ad arricchire il parco di sculture che conserva opere di Man Ray, Mirko Basaldella, Emilio Greco e Maurizio Bonora. Il volto del grande regista è interpretato attraverso la vivace cromia, il segno forte e il tratto ironico che distinguono il linguaggio del noto artista australiano, con base a New York.
«Un’occasione preziosa per scoprire e riscoprire Professione: reporter, film capolavoro di Michelangelo Antonioni che continua a ispirare generazioni di cineasti a cinquant’anni dalla sua realizzazione. Grazie, da parte dell’Amministrazione comunale, a Enrica Fico Antonioni e al comitato d’onore dello Spazio Antonioni che vede oltre a Fico la presenza di Wim Wenders, Vittorio Sgarbi, Dominique Païni, Walter Salles, Oscar per il miglior film straniero per Io sono ancora qui, e altre autorevoli personalità del cinema nazionale e internazionale. La mostra sarà arricchita da una serie di conferenze dedicate a questa pellicola organizzate in collaborazione con l’Università di Ferrara. Colgo l’occasione per ringraziare inoltre anche Luca Benini, fondatore di Slam Jam, e Craig Redman, artista australiano che vive e lavora a New York, autore di una scultura dedicata al grande regista, acquisita di recente dal Comune e che in occasione del 50° del film verrà esposta nel giardino dello Spazio Antonioni», ha detto l’assessore comunale alla Cultura, Marco Gulinelli.
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