“Io mi tengo tutto, mi tengo anche la mamma, mi tengo anche Versalis. Ma diciamoci la verità: con 2,8 miliardi puoi stare nel green che vuoi, ma sei fuori dalla chimica. E solo l’Eni può tenerla dentro, se decide di starci davvero”. Parte da qui, dalla metafora di una “mamma grande” che ha già imboccato un’altra strada, l’affondo del vicepresidente della Regione Emilia Romagna Vincenzo Colla sul destino della chimica italiana e sul futuro del Polo di Ferrara. L’Astra Hotel, gremito per l’iniziativa organizzata dal Partito democratico, ha visto la presenza anche di sindacati e altre forze politiche, come il Movimento 5 Stelle, oltre che un gran numero di cittadini.
L’intervento conclusivo di Vincenzo Colla al convegno “Futuro e rilancio del Polo chimico” non ha risparmiato nessuno: né il governo, né l’Europa, né i grandi gruppi industriali. Il vicepresidente ha ricondotto la crisi della chimica – e quella del Polo ferrarese – dentro uno scenario geopolitico più ampio: “O rimettiamo in pista un’idea di sovranità tecnologica sulle filiere strategiche, o l’Europa diventa un paese conto-terzista al servizio degli altri. E non è il modello che ci piace”.
La Regione Emilia Romagna, ha detto Colla, non ha alcuna intenzione di alzarsi dal tavolo europeo: “Siamo un popolo europeista, la Giunta è europeista, il mio presidente (Michele De Pascale, ndr) è europeista. Perché fuori da lì non c’è partita”. L’Europa però arriva tardi e debole: dieci miliardi investiti nella ricerca chimica nel 2024, contro i 135 miliardi cinesi. “Questa è la bestia con cui abbiamo a che fare”, ha commentato Colla, ricordando che i colossi asiatici e americani hanno pianificato per tempo la rivoluzione tecnologica mentre l’Europa si distraeva “col Fiscal Compact”.
Per Colla, la crisi della chimica è la punta dell’iceberg di una crisi più ampia: “Se non fai valore aggiunto non tiene il sistema di welfare. Non quello di domani, quello di adesso”. E se la digitalizzazione resta concentrata “nelle mani di pochi soggetti della Silicon Valley, che non pagano nemmeno le tasse in Europa”, la politica perde la capacità stessa di redistribuire. Da qui la critica al governo: “Abbiamo avuto 200 miliardi del Pnrr. Dire che abbiamo fatto politiche industriali o politiche per la chimica è uno scherzo. E non possiamo sempre dare la colpa all’Europa, che ci ha dato 80 miliardi a fondo perduto”.
Riguardo al Polo chimico di Ferrara, Colla ha parlato con la schiettezza di chi vede una traiettoria pericolosa: “Stiamo andando giù per le scale di una cantina. O lo prendiamo per i capelli, forse per l’ultima volta, o lo perdiamo”. E ha chiesto un fronte largo, anche oltre le appartenenze politiche: “Non è questione di centrodestra o centrosinistra. Ferrara, Mantova, Ravenna: quei poli sono strategici per il Paese. Se si impoverisce la chimica, si indebolisce tutta la manifattura”. Ricordando i nomi presenti nel sito ferrarese, come Versalis, Basell, Yara, il vicepresidente ribadisce che si tratta di un distretto nazionale, non locale: “Non è che se si impoverisce il petrolchimico di Ferrara si arricchisce l’Italia. Si indeboliscono tutte le filiere: manifattura, agricoltura, farmaceutica, packaging”.
Uno dei passaggi più netti riguarda il Centro di Ricerca Natta: “È il più grande centro di ricerca europea. È in grado di fare i dieci prodotti innovativi su cui la chimica mondiale si sta muovendo. Ma se ho solo la ricerca senza industrializzazione, prima o poi mi scappa via anche la ricerca”. Il finale dell’intervento è stato un avvertimento: “Se ognuno va dal ministro Urso per conto proprio, non salta fuori nulla. Serve il Mef, serve un disegno keynesiano, serve un fronte comune. Altrimenti chiude l’indotto, piano piano, inesorabilmente, e alla fine ti trovi che la chimica non c’è più”.
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