C’è un gesto semplice che apre il pomeriggio dedicato agli 80 anni dell’Unione Donne in Italia: un mazzo di fiori consegnato a Liviana Zagagnoni, storica esponente dell’associazione, figura di riferimento per tante tra le più giovani e per tutte le “nuove arrivate” nell’Udi a Ferrara. Un riconoscimento affettuoso che dà il tono all’intera giornata: un anniversario che appartiene alla storia collettiva, ma che vive grazie alle biografie individuali. Un compleanno che coincide, non casualmente, con un altro traguardo: gli ottant’anni del diritto di voto alle donne.
Il contesto è quello del palazzo Naselli Crispi, sede del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, dove la città si è raccolta per l’iniziativa “I primi 80 anni dell’Udi. Un’idea che ha fatto la storia”: un pomeriggio in cui la memoria incontra l’analisi giuridica e il presente politico, senza perdere lo sguardo sul futuro.
Ad aprire l’incontro le mani al pianoforte di Elisa Piffanelli, seguita dall’introduzione di Rosamaria Albanese, vicepresidente Udi Ferrara: “L’Udi non è un monumento – ricorda -. È un soggetto vivo, che esiste solo se continua a fare rete e a trasmettere la propria storia”.
La serie di saluti istituzionali racconta molto del rapporto profondo che lega Udi al tessuto civile ferrarese. Stefano Calderoni, presidente del Consorzio Bonifica di Ferrara, sottolinea il ruolo dell’ente come laboratorio di politiche di genere: “Il nostro Gender Equality Plan dimostra che la parità può attraversare anche gli atti amministrativi più semplici”. Per l’assessora Angela Travagli la collaborazione Udi è fondamentale per il contrasto alla violenza di genere: “Udi porta uno sguardo autonomo e proprio così contribuisce a orientare le politiche pubbliche”.
Nel cuore dell’incontro, gli interventi più analitici riportano il pubblico alle radici. Giuditta Brunelli, già ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico, ricorda la forza politica delle 21 costituenti, “poche ma decisive”, che vollero il divieto di discriminazione basata sul sesso e aprirono la strada a decenni di conquiste: dall’accesso alla magistratura alle riforme del diritto di famiglia, dalla fine del delitto d’onore fino alla recente giurisprudenza sul cognome materno. La sua ricostruzione mette in luce un filo continuo: la democrazia è monca senza la piena partecipazione femminile e la qualità delle istituzioni si misura anche dalla loro rappresentatività di genere.
Poi è il turno di Orsetta Giolo, associata di Filosofia del diritto a Unife, che riprende la definizione di Carla Lonzi della donna come “soggetto imprevisto”: esclusa a lungo dalla storia del diritto e della politica, quando entra nello spazio pubblico rompe gli schemi e cambia il linguaggio stesso dei diritti. Giolo ricostruisce la storia dei diritti delle donne come una traiettoria che parte dalla negazione, passa per una lunga stagione di rivendicazioni e trova solo gradualmente riconoscimento formale. E insiste sul contributo teorico e politico dei movimenti femministi, capaci di produrre un sapere inedito da cui derivano concetti oggi centrali come l’identità di genere, intersezionalità e vulnerabilità.
Nel suo intervento conclusivo, Stefania Guglielmi, presidente Udi Ferrara, intreccia la grande storia dell’associazione con il vissuto ferrarese. Ripercorre il confronto con il femminismo degli anni Settanta, la stagione dell’autoconvocazione e la scelta di ricostruire un’organizzazione capace di parlare anche alle giovani e alle donne non nate in Italia. Da qui la trasformazione in Unione Donne in Italia.
Guglielmi ricorda le radici solide dell’Udi ferrarese: l’Archivio storico, il Centro Donna Giustizia, le reti costruite con associazioni, sindacati e istituzioni. E sottolinea come, negli ultimi decenni, l’impegno si sia concentrato sulla violenza maschile contro le donne: dalla grande staffetta nazionale del 2008 alle costituzioni di parte civile nei processi di femminicidio, fino al lavoro costante sul linguaggio.
“Gli obiettivi di Udi – conclude la presidente – sono rimasti gli stessi: libertà, dignità, giustizia di genere. A cambiare sono i contesti. Il nostro compito è continuare ad esserci, leggere il presente, innovare le pratiche e coinvolgere le nuove generazioni”.