Cronaca
17 Novembre 2025
La donna dovrà scontare 11 anni e 6 mesi di carcere. In primo grado, la Corte d'Assise del tribunale di Ferrara l'aveva condannata a 14 anni

Avvelenò la madre col tè. Pena ridotta in Appello per Sara Corcione

Sara Corcione
di Davide Soattin | 3 min

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La Corte d’Assise di Appello del tribunale di Bologna ha ridotto la pena che dovrà scontare Sara Corcione, la 41enne che – a fine luglio 2022 – aveva ucciso la propria madre, la 64enne Sonia Diolaiti, avvelenandola col nitrito di sodio diluito nel tè, nel proprio appartamento di via Ortigara.

I giudici bolognesi infatti, durante la mattinata di lunedì 17 novembre, accogliendo il ricorso al secondo grado di giudizio avanzato dalla difesa dell’imputata, rappresentata dall’avvocato Elisa Sforza, hanno inflitto 11 anni e 6 mesi alla donna, che inizialmente – in primo grado – era stata condannata a 14 anni di carcere.

La sentenza d’appello ha confermato la semi-infermità mentale dell’imputata e la pericolosità sociale, motivo per cui – una volta finito di scontare la pena in carcere – Corcione sarà trasferita in una Rems, dove poi dovrà restare per un periodo di tempo non inferiore ai tre anni.

Esclusa inoltre, come già era stato sentenziato da giudici di primo grado, l’aggravante della premeditazione, mentre erano state riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti dell’omicidio commesso ai danni di una persona con cui esisteva un legame famigliare e con l’uso di un mezzo venefico (il veleno, ndr).

Il fatto era avvenuto il 27 luglio 2022, ma il corpo senza vita della donna fu scoperto solamente qualche giorno più tardi, nella serata del 29 luglio, quando vennero allertati i carabinieri. Ad avvertirli furono un’amica della vittima, la signora Patrizia Benatti, e sua figlia che, qualche giorno più tardi, insieme a Diolaiti, sarebbero dovute partire per una vacanza di quindici giorni a Pantelleria, dove la 64enne aveva una casa. Insospettite però dal fatto che la donna non rispondeva più al telefono, dopo dopo essere andate a suonare al campanello dell’abitazione di via Ortigara senza esito e aver parlato con Sara Corcione, che abitava al piano superiore dello stesso palazzo e aveva dato loro giustificazioni non plausibili sul silenzio della madre, decisero di rivolgersi al 112. Una volta entrati nell’appartamento con l’aiuto dei vigili del fuoco, i carabinieri trovarono il corpo senza vita di Diolaiti nel corridoio, seduto a terra e con la schiena appoggiata allo stipite di una porta.

Durante il sopralluogo, i militari del Nucleo Investigativo dell’Arma trovarono due confezioni da mezzo chilo ciascuna di nitrito di sodio, sostanza diluita in una tazza di tè con effetti letali, oltre che una maschera full-face e dei filtri antiparticolato, molto probabilmente acquistato per evitare di restare intossicata durante la preparazione del mix letale con cui uccise la madre. Ma soprattutto dell’acido arsenico, che – stando a quanto emerso nel corso delle udienze – non avrebbe però utilizzato. Tutti acquistati con la carta di credito della vittima sui siti di e-commerce Alibaba ed eBay tra i mesi di luglio 2021 e aprile 2022. Furono anche analizzati i tabulati telefonici, da cui risultò che nella serata del 27 luglio ci furono due chiamate di Diolaiti a Corcione. La prima alle 23.49 da 26 secondi, la seconda alle 23.53 da 144 secondi. Furono le ultime telefonate della donna morente. Non sentendo la terza, la figlia capì che il suo piano aveva funzionato.

Parte civile nel procedimento di appello, così come in quello di primo grado, si erano costituiti i fratelli di Sonia Diolaiti, assistiti dall’avvocato Fabio Anselmo che, fuori dall’aula, commenta: “Questa sentenza è uno dei casi in cui la parte civile non può essere che contenta per la riduzione di pena dell’imputata. E lo dico anche da uomo. Quella di Sara Corcione è una vicenda estremamente drammatica, a cui la vita non ha risparmiato e non ha dato nulla. Ovviamente è giusto che paghi per aver ucciso la propria madre, ma il fatto che la pena le sia stata ridotta non mi rattrista affatto. Anzi, un po’ mi solleva”.

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