Attualità
16 Novembre 2025
Un dialogo necessario nel sessantesimo della Nostra aetate

Sala gremita per la conferenza “La Chiesa e gli Ebrei dal Concilio Vaticano II a Gaza”

di Redazione | 2 min

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Una sala del coro del monastero del Corpus Domini completamente piena, un pomeriggio denso di riflessioni e appassionati interventi dal pubblico: così si è svolta sabato 15 novembre la conferenza “La Chiesa e gli Ebrei dal Concilio Vaticano II a Gaza”, organizzata da Sae, Istituto Gramsci e Isco nell’ambito delle giornate dedicate a Piergiorgio Cattani, nel sessantesimo anniversario della dichiarazione conciliare Nostra aetate.

Dopo il caloroso ringraziamento alle Monache Clarisse, Francesco Lavezzi ha introdotto l’incontro ricordando quanto il Vaticano II sia stato un passaggio tutt’altro che lineare, segnato da confronti accesi e da scelte teologiche destinate a cambiare il volto della Chiesa. Lavezzi ha ripercorso i punti chiave di Nostra aetate: la condanna dell’antisemitismo, l’abbandono definitivo di espressioni come “perfidi ebrei”, il riconoscimento di un cammino comune tra Chiesa cattolica e popolo ebraico. «Il Concilio – ha ricordato citando Piero Stefani – ha operato una svolta da cui non è più possibile tornare indietro».

Nel suo intervento, il teologo e biblista Piero Stefani ha offerto un’analisi articolata delle due grandi “ombre” della civiltà europea – shoah e colonialismo – e della loro influenza sulla questione israelo-palestinese. Ha spiegato come il sionismo, nato prima della Shoah, non possa essere interpretato solo alla luce dello sterminio, pur essendone stato profondamente ridefinito, e come la presenza ebraica in Palestina sia stata letta a lungo attraverso categorie coloniali, con effetti ancora oggi ben visibili nel dibattito politico.

Ampio spazio è stato dedicato al ruolo della Chiesa cattolica e alla sua evoluzione dopo Nostra aetate: dalla ridefinizione del concetto di antisemitismo fino agli accordi internazionali degli ultimi decenni. Stefani ha ricordato che dal 2015, per la Santa Sede, esistono formalmente due popoli e due Stati, una posizione che la pone talvolta in tensione con il governo israeliano, contrario al riconoscimento dello Stato palestinese.

Nella parte conclusiva, Stefani ha introdotto una distinzione cruciale nel linguaggio della memoria: la Shoah appartiene al passato ed è giustamente ricordata nel Giorno della Memoria, mentre la Nakba è una tragedia che per i palestinesi rimane anche presente, incidendo sulle percezioni e sulle sensibilità contemporanee.

La conferenza si è chiusa con un partecipato dibattito finale, segno dell’urgenza del tema e della necessità di strumenti nuovi per comprendere un conflitto che continua a interrogare coscienze, istituzioni e comunità religiose. Un incontro che ha confermato quanto il dialogo, come ha ricordato Papa Prevost, sia «un cammino del cuore che trasforma tutti i suoi protagonisti».

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