Cronaca
12 Novembre 2025
La cooperativa ha presentato un esposto tramite l'avvocato Fabio Anselmo. Tre dipendenti che lavoravano all'ospedale di Castellammare di Stabia finite nella maxi-inchiesta della Dda di Napoli sul clan camorristico D'Alessandro

Infiltrazioni mafiose. La ferrarese Copma denuncia episodi di violenza e pressioni

di Davide Soattin | 3 min

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Un articolato esposto per denunciare i tentativi di infiltrazione da parte della Camorra, e in particolare il clan D’Alessandro. È quello che – attraverso l‘avvocato Fabio AnselmoCopma ha presentato lo scorso giugno alla Direzione Distrettuale Antimafia, dopo essere venuta a conoscenza di episodi di violenza e pressioni da parte di alcuni dipendenti all’interno dell’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, dove la cooperativa di via Veneziani gestisce l’appalto delle pulizie e dell’igienizzazione.

La notizia arriva lo stesso giorno in cui, al termine delle indagini, la Polizia di Stato – dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Maria Luisa Miranda del tribunale di Napoli – ha arrestato undici persone, mentre altre sei sono indagate a piede libero. Tutte sono legate al clan D’Alessandro, cosca monopolista assoluta del racket, che da un anno e mezzo a questa parte sarebbe riuscita a infiltrarsi, sotto la guida del reggente Pasquale D’Alessandro, primogenito del defunto boss Michele, anche nella sanità.

I reati contestati sono – a vario titolo – quelli di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione e spaccio di droga, tutti aggravati dalla finalità camorristica.

I fatti finiti nell’esposto risalgono allo scorso anno. In particolare, a spingere la presidente della cooperativa Silvia Grandi e il responsabile commerciale Luca Bosi a chiedere l’aiuto delle autorità, denunciando ingerenze da parte di esponenti del clan, sarebbe stato un episodio inequivocabilmente intimidatorio riguardante il contesto sindacale legato all’appalto che Copma gestisce da qualche tempo, ereditando per clausola sociale il personale che era già stato assunto dalla precedente ditta appaltatrice.

A finire in manette infatti, assieme al marito 67enne Michele Abbruzzese, cassiere e tesoriere del clan, è stata una delle dipendenti della cooperativa, la 63enne Petronilla Schettino. Con lei, sotto la lente degli inquirenti, ci sono finite anche altre due donne, entrambe lavoratrici in Copma: Giuseppina Schettino, responsabile del personale e sorella di Giovanni Schettino, che avrebbe millantato l’appartenenza alla cosca, e Filomena Cascone, moglie del boss 53enne Paolo Carolei, anche lui arrestato nella maxi-operazione.

Sia Abbruzzese che Carolei erano già in carcere per altre questioni. Il secondo, tra l’altro, al 41 bis. Petronilla Schettino invece, al momento dell’arresto, era libera. Mentre non risultano provvedimenti né indagini a carico dei fratelli Schettino e di Cascone.

Al centro della vicenda che vede coinvolta come parte offesa Copma – come emerge da due intercettazioni ambientali del 18 e 22 aprile 2024 tra i coniugi Abbruzzese e Schettino – ci sarebbe finita una sorta di diatriba tra Petronilla e Giuseppina Schettino sulla divisione del monte ore. Nello specifico, Petronilla dice di essere ostacolata da Giuseppina, nonostante l’assenso della dirigente dell’azienda. “Litigio” su cui sarebbero poi intervenuti direttamente il boss Paolo Carolei e Michele Abbruzzese, coinvolgendo le proprie conoscenze nel mondo dei sindacati. Abbruzzese infatti, nella primavera del 2024, avrebbe incaricato un amico sindacalista affinché intervenisse per risolvere la questione, che a sua volta aveva chiesto aiuto un altro sindacalista.

Tutte le imprese dovrebbero fare così, anzi, tutti noi dovremmo fare così” è il commento dell’avvocato Fabio Anselmo dopo la scelta di Copma di denunciare quanto accaduto. Contattata da Estense.com, la presidente della cooperativa Silvia Grandi si è limitata a confermare l’esposto.

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