Aveva accumulato un debito di quasi 200mila euro per i quali ha ottenuto il beneficio dell’esdebitazione dopo aver versato 450 euro al mese per quattro anni. Il Tribunale di Ferrara ha dunque accolto la procedura di liquidazione controllata del patrimonio dichiarando inesigibili i debiti non integralmente soddisfatti per una dottoressa che fin dagli anni ’90 ha esercitato come libera professionista.
Fondamentale per la sentenza è stato il riconoscimento dell’assenza di “problematiche relative alla meritevolezza”. La libera professionista non aveva infatti contratto debiti in modo irresponsabile, ma era stata travolta da eventi esterni ritenuti a lei non imputabili.
“La sentenza – spiega l’avvocato difensore Vittorio Zappaterra – ha così consentito di cancellare l’intero ammontare dei debiti, restituendo dignità e una possibilità concreta di ripartire”.
“Grazie alla liquidazione controllata – aggiunge -, sono riuscito a ottenere per la cliente un piano sostenibile con la cancellazione da parte del Tribunale della quasi totalità del debito. È questo l’obiettivo che ho perseguito: offrire una via d’uscita concreta e legale a chi pensa di non avere più speranze”.
La donna, che come detto svolgeva la libera professione fin dagli anni Novanta, ebbe fin da subito diverse difficoltà nel farla funzionare. Le fu difficile reperire nuovi clienti e di conseguenza sostenere le numerose spese per il mantenimento dell’attività, la prosecuzione della professione e per il suo sostentamento. Affitti e bollette alti ma anche le spese per la vita quotidiana così come le tasse e i corsi di aggiornamento hanno via via incrementato il debito.
La dottoressa per ovviare a ciò ha tentato di incrementare l’attività lavorativa senza però riuscire nell’intento. Per saldare parte dei debiti verso le banche ed Equitalia fu quindi costretta ad accendere un mutuo, garantito da un parente.
Anche questo non è servito per risolvere la situazione, ai problemi lavorativi si sono aggiunti anche problemi personali che hanno portato sia all’ulteriore incremento del debito sia a problemi di salute.
A questo punto i creditori della ricorrente erano principalmente istituti di credito (per mutui e fidi rimasti impagati), l’Agenzia delle Entrate (debiti di imposta, sanzioni tributarie e interessi) e Inps (contributi gestione separata inclusi spese, oneri, sanzioni evasione di imposte e interessi). A questi si aggiungeva il debito con Equitalia, riconducibile integralmente all’attività professionale, che è incrementato esponenzialmente a seguito del subentro dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e a causa degli interessi applicati.
Interessi che hanno portato all’impossibilità, per la dottoressa, di far fronte ai costi applicati in aggiunta ai costi legati alla sua vita e alla sua attività.
Il Tribunale ha ritenuto che il sovraindebitamento non era imputabile a un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali. Al termine dei 4 anni ha quindi approvato il rendiconto e ammesso l’esdebitazione dichiarando inesigibili i debiti non integralmente soddisfatti dalla procedura di liquidazione.
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