Dopo l’omicidio del capo della polizia David Hennessy, 11 italiani furono linciati a New Orleans (1891): la stampa li definì “banditi siciliani”, “nemici della legge”. Altri linciaggi di italiani avvennero a Tallulah, Louisiana (1899) e altrove: la giustificazione ricorrente era che “non rispettavano le regole americane”. Il caso Sacco e Vanzetti (1920–1927) divenne simbolo: due immigrati italiani anarchici condannati e giustiziati in un clima di xenofobia; i discorsi pubblici li dipingevano come minaccia all’ordine costituito.
Il ragionamento del Sindaco sui magrebini non è nuovo. È simile ai luoghi comuni sugli italiani: tra fine ’800 e metà ’900, negli Stati Uniti veniva rivolto agli italiani: dipinti come “criminali per natura”, “anarchici”, “non assimilabili”, pericolosi per l’ordine pubblico.
Sappiamo come andò: linciaggi (New Orleans, 1891), campagne stampa sul “pericolo italiano”, quote migratorie contro gli europei del Sud (1924), fino a classificare centinaia di migliaia di italo-immigrati come “enemy aliens” durante la guerra.
Oggi nessuno direbbe che l’italianità è “incompatibile con l’autorità”: la storia ha smentito gli stereotipi, non la nostra dignità. Per questo trovo grave e miope riproporre la stessa cornice sugli adolescenti magrebini di oggi. È un errore per almeno quattro ragioni: Colpisce collettivamente: confonde individui e reati con categorie etniche. La sicurezza si costruisce perseguendo i fatti, non i cognomi o la provenienza.
Semplifica ciò che è complesso: povertà educativa, abbandono scolastico, lavoro nero, spazi pubblici desertificati e assenza di adulti significativi sono fattori molto più predittivi dei reati della “origine”. Alimenta profezie che si autoavverano: se dici a un ragazzo che “è il problema”, finirà per crederci. Se gli dici “sei parte della città e ne rispetti le regole”, gli dai un posto dove stare. Dimentica la nostra memoria: Ferrara e l’Italia sono piene di famiglie che hanno antenati emigrati e stigmatizzati.
La coerenza ci chiede di non fare agli altri ciò che è stato fatto a noi. Nessuno nega che esistano comportamenti da sanzionare: vanno puniti uno per uno, senza sconti. Le Forze dell’Ordine fanno il proprio dovere: prevenire e reprimere i reati, ogni giorno, con professionalità. Il sindaco ha il dovere di tenere unita la comunità che rappresenta, parlare per tutti senza discriminare, collaborare con Prefetto e Questore, investire in prevenzione (scuola, lavoro, spazi pubblici), far rispettare regole uguali per tutti e rendere conto dei risultati.(Anche dando l’esempio rispettando le regole , in campagna elettorale qualcuno le dimenticava). A Ferrara chiediamo questo: leadership, responsabilità e soluzioni che migliorino la vita reale delle persone, non etichette che feriscono la città.
Roberto Baldisserotto