Attualità
7 Novembre 2025
Duecento casi nel mondo, 21 in Italia e la variante che lo ha colpito è unica. I genitori cercano "qualcuno che possa avviare o sostenere la ricerca qui in Italia"

La lotta di Francesco e Stefania per il figlio Diego, unico portatore di una malattia rarissima

di Redazione | 2 min

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Diego ha 2 anni e mezzo, vive a Ferrara e lotta ogni giorno con un ritardo nello sviluppo motorio e cognitivo e crisi epilettiche quotidiane farmaco-resistenti. Questo a causa di una una malattia genetica rarissima, la mutazione GNAO1 di cui è l’unico portatore della sua variante in Italia.

“Si tratta di una malattia con 200 casi al mondo, 21 certificati in Italia”, ci racconta il papà Francesco che insieme alla mamma Stefania sta provando ogni strada per migliorare le condizioni di vita del figlio. E se duecento casi al Mondo sembrano pochissimi non si sono fatti i conti con la variante che ha colpito il piccolo Diego che conta 5 casi e la sua, tra questi, è una sotto-variante.

Solo il 25% delle sue cellule è colpito dalla mutazione che infatti gli provoca ritardo nello sviluppo motorio e cognitivo e crisi epilettiche farmaco-resistenti. Negli altri casi a questi due sintomi si aggiunge la distonia.

Ora, Francesco e Stefania, stanno cercando “in tutti i modi di far conoscere la nostra storia e trovare qualcuno che possa avviare o sostenere la ricerca qui in Italia”. Lo fanno per aiutare Diego “ma anche altri bambini invisibili che vivono lo stesso silenzio”.

Oggi infatti “non esiste una cura” per la malattia e “in Italia non ci sono ancora centri di ricerca attivi su questa mutazione”.

A seguire Diego è un’equipe del Sant’Orsola di Bologna che monitora anche altri casi ma Francesco ci racconta che ha trovato due ricerche attive per contrastare la malattia, una sviluppata in Germania e una da un progetto israelo-statuinitense.

Nessuna delle due è però è disponibile nel nostro paese. Nel primo caso si tratta di una sperimentazione che pare incentrarsi sul contrasto ai sintomi mentre nella seconda l’obiettivo pare essere quello di risolvere la mutazione genetica che causa la malattia, è finita la sperimentazione animale e si dovrebbe procedere con quella umana.

“Bologna (il Sant’Orsola, ndr) – racconta Francesco – ci ha detto di averli contattati e di aver trovato accordo per trasferire terapia in Italia ma i tempi sono ancora lunghi”.

Insomma la strada per avviare una ricerca in Italia pare difficile e altrettanto difficile risulta potersi spostare negli Stati Uniti. Nel frattempo Francesco e Stefania parlano delle loro speranze su una pagina Instagram dove raccontano “aggiornamenti e la realtà quotidiana della malattia” per cercare di dare “voce e visibilità” alla storia di loro figlio e per far arrivare il loro “appello alle persone e agli enti che possono davvero fare la differenza”.

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