Politica
5 Novembre 2025
Hassan Samid: “Sbaglia la famiglia straniera ancorata solo alla cultura di origine, sbaglia una società che vuole negare l’italianità a chi è nato e cresciuto in Italia e vuole essere italiano”

L’associazione musulmani: “Maranza, una questione seria”

di Redazione | 4 min

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La questione maranza è una realtà seria. Noto con piacere che molti politici, indipendentemente dal colore politico, si approcciano al tema con prudenza e ne riconoscono la complessità.

Leggevo le parole del Sindaco Alan Fabbri e non ho potuto fare altro che sottoscriverle pienamente. Ora però, una volta preso atto del fenomeno, cosa possiamo fare? Ho usato appositamente il “noi” perchè siamo in tanti a dover fare la nostra parte. Naturalmente con queste righe non pretendo di fornire soluzioni immediate e/o miracolose, ma credo invece di poter fornire spunti utili su cui ragionare e lavorare.

Preferisco procedere in maniera schematica e sintetica così da dare alle mie parole la concretezza di cui ha bisogno il tema sociale in questione.

Cos’è il fenomeno maranza? Parliamo di (micro)delinquenza portata avanti da adolescenti di origine straniera spesso nati o cresciuti in Italia. Il fenomeno allarma per le sue dimensioni, capillarità e dinamiche standardizzate. Manifestano un forte disagio nei confronti della società dove vivono, si sentono ai margini, inferiorizzati e faticano a gestire la loro identità complessa.

Perchè? Porsi questa domanda è doveroso se voglia cominciare a capire cause e caratteristiche di questo dramma.

Come mai i ragazzini figli immigrati sono i protagonisti principali delle bande maranza? Perchè un ragazzino italiano ha molte meno probabilità di finire attore di queste dinamiche?

Questi ragazzi sono figli di immigrati di prima generazione, quindi di genitori arrivati in Italia partendo da zero. Normalmente la condizione economica di queste famiglie è precaria: non hanno case di proprietà, non hanno risparmi di famiglia, non hanno eredità e hanno famiglie numerose nei paesi di origine alle quali sono ancora molto legati e di cui spesso si fanno carico.

I genitori dei ragazzini maranza, essendo appunto di prima generazione, non hanno vissuto la loro adolescenza in Italia. A questo va aggiunto una scarsa comprensione della lingua e della cultura del paese dove vivono insieme ai figli. Si ritrovano quindi a fare i genitori secondo un modello di vissuto che non corrisponde alla realtà italiana.

Come può un genitore che parla poco italiano a comunicare con i figli che che invece parlano solo italiano e pochissimo la lingua dei genitori? Il problema dell’identità. Un quindicenne nato a Ferrara da genitori marocchini è italiano o marocchino? Quanto è italiano e quanto marocchino?

La questione dell’identità merita un mare di tempo e pagine che non abbiamo. Mi limito a dire che è una delle chiavi di lettura principali di questo fenomeno. Abbiamo bisogno di una società, famiglie straniere in primis, che facciano passare il messaggio che identità plurime non sono una debolezze ma devono e possono essere una ricchezza. Sbaglia la famiglia straniera che vuole forzatamente tenere i figli ancorati solo alla cultura di origine demonizzando quella dove vivono. Sbaglia una società e una classe politica che vuole negare l’italianità a chi è nato e cresciuto in Italia e vuole essere italiano.

Le scelte politiche. Premetto che con scelte politiche non mi riferisco assolutamente al dibattito, credo dannoso e inutile, sullo Ius Soli. Sono pienamente convinto che questi ragazzini abbiamo bisogno di ben altre politiche, prioritarie rispetto alla cittadinanza italiana (che spesso hanno già).

Cito solamente due temi: politiche urbanistiche e la scuola. Quartieri e zone delle nostre città sono diventati ghetti grazie alle scelte di concentrare (solo) in queste aree le case popolari. Il risultato è un concentrato di disagio di ogni genere che rende le famiglie immigrate fisicamente isolate dal resto della città. In questo modo sono aiutati a rimanere stranieri. Fioriscono barbieri “etnici”, minimarket “etnici”, scuole di lingua di origine, associazioni di stranieri, donne straniere che al parco parlano e si ritrovano con altre donne straniere.

E le scuole di queste zone non possono fare altrimenti che diventare specchio dei ghetti: classi con italiani e italiano (come lingua) in minoranza. Sono purtroppo scuole con qualità didattica di serie b. E le conseguenze sono l’alto numero di studenti immigrati che si iscrivono a scuole superiori professionali (concentrato di disagio giovanile) e pochissimi invece nei licei.

E quindi cosa possiamo fare? Abbiamo preso atto che il fenomeno è complesso va affrontato tenendo conto di tutte le sue sfaccettature. Ma in attesa di strategie per agire alle radici del problema non possiamo distrarci dall’urgenza dei problemi quotidiani.

Nell’immediato credo ci sia bisogno di dare supporto alle famiglie di questi ragazzini, utilizzando anche il contributo prezioso di giovani eccellenze di origine straniera, che per fortuna sono tanti, in ambito sportivo, sociale e politico. Coinvolgere associazioni e realtà religiose straniere nella gestione e intercettazione di criticità. Sensibilizzare le scuole di ogni grado sul fenomeno e tenere un monitoraggio continuo e coordinato. Il mondo della scuola spesso ci può fornire con qualche anticipo segnali di allarme. Naturalmente non si può prescindere da una gestione attenta e ferma dell’ordine pubblico.

Hassan Samid, presidente associazione musulmani di Ferrara, docente

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