Inizialmente prosciolto poiché irreperibile, gli inquirenti hanno rintracciato un 46enne di nazionalità cinese, gestore del centro Il Massaggio di via Bonetti, che – assieme ad altre due imputate connazionali, già precedentemente rinviate a giudizio – sarà ora processato davanti al collegio del tribunale di Ferrara con l’accusa di sfruttamento della prostituzione all’interno di tre centri benessere e massaggi cinesi della città, chiusi a marzo 2022 dopo il blitz degli uomini della Squadra Mobile.
I fatti – secondo la ricostruzione della Procura – sarebbero iniziati a gennaio 2021 e quindi sarebbero proseguiti per oltre un anno.
Alla sbarra, oltre al 46enne, difeso dall’avvocato Pierpaola Cavallari, ci sono finiti anche la dipendente 43enne (avvocato Gianni Ricciuti) del centro Huina di corso Piave e la gestrice 48enne del Centro Tuina Rosa di Ren Guiha di via Contrada della Rosa, difesa dall’avvocato Guido Guida. Accusato era anche il 52enne Zhichuan Hu, titolare del centro in cui lavorava la 43enne finita a processo, che però aveva scelto di patteggiare la pena a un anno e quattro mesi.
L’inchiesta aveva portato a scoperchiare attività in cui veniva esercitata la prostituzione, dunque, mascherate da centri benessere e massaggi, all’interno dei quali le ragazze “massaggiatrici“, sempre di nazionalità cinese, effettuavano prestazioni di carattere sessuale – secondo l’accusa – d’accordo con i titolari delle attività.
Erano stati gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ferrara a dare esecuzione al decreto di sequestro preventivo dei tre locali emesso dal gip del tribunale di Ferrara su richiesta della Procura di Ferrara.
Le indagini, svolte con metodi investigativi tradizionali, consistiti in numerosi servizi di appostamento e acquisizione di testimonianze da parte soprattutto dei clienti, avevano permesso di ricostruire il quadro accusatorio che oggi viene contestato ai tre imputati.
Nello specifico, gli elementi di prova raccolti durante la fase investigativa, con le dichiarazioni da parte dei clienti e l’osservazione diretta degli investigatori della Polizia di Stato, avevano aiutato gli inquirenti a ipotizzare una presunta attività di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione in cui i gestori dei centri massaggi, in maniera consapevole, avrebbero – secondo quella che è l’accusa – favorito l’incontro tra le ragazze assunte come “massaggiatrici” e i loro clienti, sollecitando (o quantomeno acconsentendo) rapporti sessuali mercenari e ricevendo il pagamento di una somma di denaro, a volte direttamente dal cliente, altre volte dalla ragazza a cui poi veniva riversato il compenso pattuito.
Si torna in aula il 25 febbraio.
			 
				
				
				
				
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