Mesola. Il 31 dicembre 2025 la Cartiera di Mesola chiuderà definitivamente i battenti. Dopo mesi di incertezze e tavoli di crisi, il gruppo Pro Gest ha deciso di trasferire la produzione nello stabilimento di Mantova, segnando la fine di un presidio industriale storico per il Basso Ferrarese.
A oggi restano 18 lavoratori, dopo che a febbraio erano ancora 31 quando il “bubbone” è scoppiato. Per loro le prospettive sono due: il trasferimento in uno stabilimento del Padovano o nel Marchigiano, ipotesi però “impraticabili” vista l’età avanzata e le situazioni familiari di molti dipendenti.
Come riferisce Fabio Artosi, segretario provinciale di Slc Cgil, il 31 ottobre – durante il tavolo di conciliazione – “saranno recapitate le lettere di licenziamento con una piccola buonuscita che i lavoratori hanno deciso di accettare, vista la situazione”.
Artosi parla senza giri di parole: “Quello di Mesola per il gruppo è l’agnello sacrificale, che permette di trasferire circa 35 milioni di fatturato allo stabilimento di Mantova per renderlo più appetibile”. Il segretario denuncia poi una crisi finanziaria strutturale: “Il problema sono i milioni di debito del gruppo che non è in grado di rimborsare, e che il Ministero ha imposto di ridurre. Sono 75 milioni di bond solo per lo stabilimento di Mesola che Pro Gest non è in grado di restituire ai finanziatori”.
I lavoratori restano intanto in cassa integrazione straordinaria fino al 31 dicembre. Ma il nodo, secondo il sindacato, è molto più profondo: “In un territorio come quello del Basso Ferrarese non ci sono le condizioni per rendere appetibile a potenziali investitori uno stabilimento come quello di Mesola, per motivi di desertificazione del territorio e di infrastrutture”.
Già a fine luglio, Slc Cgil denunciava la “perdita ulteriore per un territorio già fortemente in crisi”, chiedendo interventi urgenti per la riqualificazione dei lavoratori e per evitare che l’area “torni totalmente agricola”. “Tutte le istituzioni e la politica devono intervenire”, aveva ammonito Artosi.
Sulla vicenda è intervenuto anche Fausto Gianella, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, che parla di “un de profundis per una delle realtà industriali più importanti del Basso Ferrarese”. “Per decenni questa fabbrica ha rappresentato un punto di riferimento per la vita lavorativa e sociale del territorio, garantendo occupazione e sviluppo. La sua fine, tanto ingloriosa quanto dolorosa, porta con sé gravi responsabilità da parte della proprietà, che con scelte imprenditoriali sbagliate ha distrutto un patrimonio produttivo e umano di grandissimo valore”, dichiara Gianella.
Ma l’esponente di FdI non risparmia critiche alla politica: “Non posso però non sottolineare anche le responsabilità della politica, che non è riuscita a dare risposte adeguate. In particolare la Regione Emilia-Romagna, che in questo caso non è intervenuta con la stessa determinazione mostrata per altre realtà, come la Berco. Si è preferito non “sporcarsi le mani”, lasciando soli i lavoratori e il territorio”.
Il consigliere conclude con un appello: “Auspico ora che si riesca a ricollocare l’immobile attraverso una nuova destinazione produttiva, in grado di riassorbire almeno in parte l’organico in uscita. Da parte mia confermo la massima disponibilità a collaborare per individuare soluzioni concrete che abbiano come obiettivo la salvaguardia dei posti di lavoro e il rilancio del sito”.
La chiusura della Cartiera di Mesola rappresenta un colpo durissimo per l’economia del Basso Ferrarese, già segnata da spopolamento e mancanza di infrastrutture. Il rischio, sottolineano sindacati e istituzioni locali, è che la fine della cartiera segni il ritorno a un’economia esclusivamente agricola, svuotando ulteriormente un’area che per decenni aveva trovato proprio nella fabbrica una delle sue poche ancore industriali.
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